Tra il 21 e il 23 Novembre, Milano rinnova la sfida di Bookcity: tre giorni di eventi, incontri e dibattiti dedicati al libro. La kermesse, a metà tra una fiera e gli stati generali dell’editoria milanese e non solo, diventa l’occasione per una ricognizione delle realtà che, nonostante la crisi, proseguono a coltivare attività culturali con ostinazione, in modo più o meno riconosciuto, ma sempre con una importante ricaduta per la città.

Stratagemmi non mancherà all’appuntamento. In occasione dell’edizione pilota della manifestazione (autunno 2012, a cui abbiamo dedicato il Taccuino del nr. 23) ci eravamo interrogati sulle sorti dell’editoria teatrale: quali drammaturgie si pubblicano oggi in Italia? C’è spazio per il teatro nei cataloghi dei maggiori editori? Negli incontri organizzati al Teatro Franco Parenti abbiamo tracciato le linee di un panorama complesso e in continua evoluzione: autori dalle ampie tirature come Ascanio Celestini, piccole case editrici indipendenti, orizzonti non solo strettamente editoriali. Con il Taccuino di questo numero continuiamo la nostra esplorazione, sempre muovendoci tra testo scritto e messa in scena, occupandoci del problema della traduzione di testi europei contemporanei. Anche in questo caso, ci è apparso evidente che la stampa e la distribuzione editoriale non sono che una parte di un articolato processo culturale dai molti volti: la diffusione del teatro straniero passa dalla selezione della drammaturgia, alla traduzione fino alla messa in scena. Con l’aiuto di Sara Sullam – studiosa di ricezione e traduzione presso il Dipartimento di Lingue e Letterature straniere dell’Università degli Studi di Milano – abbiamo rintracciato i protagonisti di questa complessa filiera: nelle prossime pagine troverete le testimonianze di traduttori come Roberto Menin e Fausto Malcovati, di mediatori come Margaret Rose, di registi come Ferdinando Bruni e Fabrizio Arcuri, di dramaturg come Francesca Garolla, di studiosi come Fabio Regattin, Franco Nasi, Mariacristina Cavecchi, Armando Rotondi. La molteplicità degli interventi e delle personalità coinvolte ci ricorda che per la diffusione della drammaturgia straniera non basta tradurre: occorrono sinergie tra professionalità diverse e prospettive ad ampio raggio. Esemplare ciò che accade in Francia. A Parigi esiste una struttura interamente dedicata a queste attività: è il Maison Antoine Vitez – Centre international de la traduction théâtrale, che si occupa di selezione, traduzione e distribuzione delle opere, in un circolo virtuoso che oltrepassa i confini delle singole discipline.

All’intreccio delle competenze, agli studi multidisciplinari e alla capacità di applicare gli strumenti metodologici acquisiti in settori diversi dal proprio sono dedicati anche alcuni tra gli Studi pubblicati in questo numero. Due sguardi sulla danza, da diverse prospettive: George Balanchine che traduce in balletto il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, come dimostra la puntuale analisi dei rapporti “testo”-ipotesto; coreografi che traducono movimenti in schemi, segni, progetti (Laban), architetti che usano il movimento come codice di lettura dello spazio (Tschumi) o come elemento progettuale per la composizione di nuovi edifici (Diller Scofidio + Renfro, Herzog & De Meuron), e fortunate collaborazioni crossover (Frederic Flamand, Zona K a Milano).

Dedichiamo poi un approndimento alla fortunata Odyssey di Robert Wilson, coprodotta dal Piccolo Teatro e presentata nella scorsa stagione: una lunga intervista in esclusiva per “Stratagemmi” all’attrice Lydia Koniordou, che spazia dalla dolente contemporaneità greca ed europea a riflessioni sul teatro e sulla sua straordinaria carriera di interprete. Infine, il teatro a Milano in epoca napoleonica, dal punto di vista privilegiato della sala popolare Santa Radegonda: attori, registi, autori, impresari, critici e recensori nel vivace capoluogo lombrardo ai primi dell’Ottocento.
Una sala, quella del Santa Radegonda, che oggi non esiste più. Per stare al passo con quanto l’ambiente culturale circostante ri- chiedeva si è trasformata in cinema, il noto multisala Odeon in pieno centro a Milano. In fondo, non è anche questa una sorta di traduzione ?