Musica di Cristian Carrara
Testi e Regia di Marco Martinelli. Ideazione di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari
Visto presso Il teatro Lirico Sperimentale di Spoleto _ 12-14 settembre 2014

È sempre interessante osservare cosa accade quando un regista teatrale si accosta all’opera lirica. Federico Tiezzi e Mario Martone, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, Antonio Albanese e Serena Sinigaglia: non sono pochi i nomi delle nostre scene che hanno intrapreso questa strada.
È tornato a una produzione d’opera dopo diversi anni anche Marco Martinelli, grazie a un progetto del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto: una collaborazione tra il direttore d’orchestra Flavio Emilio Scogna (particolarmente attento al repertorio contemporaneo) e il giovane compositore Cristian Carrara.
È nato così un dittico scritto e diretto da Martinelli, due opere autonome ma pensate in un continuo e sottile gioco di rimandi reciproci: Il giocatore è interpretato da Alessandro Argnani, mentre nella seconda parte a tenere la scena è Ermanna Montanari insieme a 31 bambini dagli 8 ai 12 anni.

Per chi conosce il percorso delle Albe non è difficile ritrovare le luci e le ombre che attraversano i lavori della compagnia: da un lato l’inquietante oscurità della mente umana nella parabola discendente di un giocatore patologico (che ricorda, per certi versi, le atmosfere di spettacoli come Sterminio o Stranieri); dall’altro, nella Canzone dei luoghi comuni, la contagiosa energia dei piccoli attori sul palco, ben nota a chi segue la Non-scuola del gruppo ravennate.

A riempire lo spazio (pensato da Ermanna Montanari) sono piccoli alberi: un verde che evoca il giardino dei giochi infantili ma, allo stesso tempo, il camposanto. Perché è già in una fossa, nell’incipit, il giocatore protagonista del primo movimento; e mentre sente il sangue impastarsi in bocca, mentre percepisce il corpo che gli duole per le percosse degli strozzini, ripensa a cosa lo ha portato fin lì.
“È un personaggio profondamente innestato in terra di Romagna”, ha spiegato Martinelli in conferenza stampa a proposito del suo Giocatore. Il primo valore a venire sacrificato sull’altare dell’azzardo è, non a caso, un trattore: “c’aravo la terra dei miei / quella terra nera / ma nera”. La concretezza della vita contadina è in fortissimo contrasto con una manìa per il gioco che si fa quasi potenza metafisica: “l’abisso c’ha fame / c’ha sempre fame / (..) una buca, una fossaccia / una bocca sdentata che grida”. Ed è una bocca nutrita dalle frustrazioni per le proprie origini odiate (“la puzza che ti porti dietro / che te ne vergogni”), è frutto della rabbia verso gli altri e per il loro disprezzo, è diretta conseguenza dell’incapacità di accettare la finitezza della propria esistenza. Il bravo Argnani conduce così lo spettatore dal particolare all’universale: l’abisso che trascina l’uomo alla rovina è la ludopatia ma potrebbe essere qualsiasi altra dipendenza, quella parte di noi, “là dentro, là in basso” che diventa in grado di fagocitare la vita stessa. Ed è così che la parabola infernale del giocatore – accompagnata da note angosciose ma non disperate – finisce per diventare parabola umana.

Non è allora privo di pertinenza il contraltare leggero offerto dalla Canzone dei luoghi comuni: un giocoso tributo alla saggezza popolare che i luoghi comuni rappresentano, quel “regno dell’io con i molti”, che si colloca all’esatto opposto della solitudine ossessiva del giocatore. Un inno alla capacità “di navigare insieme”, al “pane condiviso”, alla semplicità. A dare corpo al monde reversé dove “i muri ti parlano e la terra rimbomba” è l’esercito saltellante dei bambini orchestrati da una impeccabile Montanari-Corifeo: quanto di più lontano si può immaginare dalle impacciate e legnose comparse infantili talvolta presenti sui palchi della lirica. Carrara rilancia, evocando con la sua composizione un mondo di ninne nanne e filastrocche, mentre le voci degli attori si fanno strumento musicale di questa gioiosa e dissennata partitura condivisa.
È un ‘altrove’ dove lo spettatore si ritrova dopo avere attraversato gli Inferi. E che prende i connotati di una rinascita.

Maddalena Giovannelli