Qualche mese fa i due teatri statali di Atene e Salonicco hanno siglato insieme al Thok, il Teatro nazionale di Cipro, una co-produzione storica. A unire forze e intenti è stato Sofocle. Il progetto infatti, pensato per il festival, ruota intorno ad Antigone. Questa importante collaborazione, mossa dall’idea che “il futuro è insieme”, lascia ben sperare anche per l’avvenire.
Stathis Livathinòs, che da un anno è il dinamico direttore artistico del Teatro Nazionale di Atene, si occupa della regia, e, per decisione unanime, gli interpreti appartengono ai tre poli teatrali: neodiplomati giovanissimi sono Antigone, Ismene ed Emone, attori più maturi recitano gli altri ruoli e il Coro dei vecchi Tebani è composto da attori di lungo corso, affiancati da un quartetto di voci femminili che si dispiegano su ritmi di sapore mediterraneo. Il risultato? Un mix di esperienze e generazioni che funziona a tratti. A volte, infatti, la recitazione dei giovani appare ancora acerba, ma commuove e strappa applausi a scena aperta.
Livathinòs d’altro canto ha voluto sfrondare il cliché di una Antigone ribelle accanto a un malvagio Creonte, perché la nostra epoca, racconta il regista, non si può accontentare di interrogativi “a una sola dimensione”. La fanciulla e il re di Tebe hanno così molti tratti in comune: entrambi sono soli, soffrono per la perdita della “meglio gioventù”, cercano di salvare la patria dalla catastrofe e si ostinano nella strenua difesa della propria verità oltre ogni limite (“To spirto”, 13.07.2016). Antigone (interpretata dalla ventitreenne Anastasia Konidi) è giovane, sincera, dagli ideali puri, e forse proprio per questo sembra debole e vulnerabile. Spiega il regista: “Occorre toglierle di dosso la bandiera rivoluzionaria e restituirle la sua purezza. La sua azione non ha nulla di eroico, semmai è profondamente umana. Abbiamo scelto un’attrice che probabilmente ha la stessa età dell’eroina mitica, perché vogliamo che parli della propria generazione, quella dei giovani che oggi si sentono soli, nel mondo desolato della crisi e, senza più speranza, fuggono da quella Grecia che noi adulti abbiamo contribuito a massacrare con i nostri errori. Dobbiamo credere in loro, collaborare e dialogare, perché alla fine vinceranno” (intervista a “Athensvoice”, 13.07.2016).
La scenografia è essenziale, gli abiti di un passato recente e dalle tonalità grigie-terrigne. Ai bordi dell’orchestra alcune panchine, mentre il centro è dominato da una pedana in legno con un’altalena, elemento scenico che catalizza lo sguardo del pubblico. Simbolo dapprima di un’età spensierata e innocente – mentre si dondola, Antigone imprime velocità e slancio anche alla sua decisione fatale – diventerà poi una forca, su cui vengono esposti i corpi di Antigone stessa e dell’amato Emone. Creonte infine (l’ottimo Dimitris Lignadis), distrutto dal dolore, “riscopre” l’altalena, come alla ricerca del contatto con quei giovani morti, e oscilla su ciò che ora è simbolo dell’instabilità della vita.

Il Teatro Nazionale è coinvolto anche in un altro progetto di condivisione. Livathinòs, ex-studente dell’Istituto teatrale di Russia, ha lanciato la sua proposta di collaborazione all’attuale direttore del prestigioso Teatro Vakhtangov di Mosca, il lituano Rimas Tuminas (Premio Montblanc al Festival dei Due Mondi di Spoleto 2016, dove ha presentato Eugene Onegin). Complice del dialogo inedito è l’Edipo re di Sofocle: la regia è a cura dell’ospite straniero, che porta con sé i suoi migliori attori (fra questi, Viktor Dobronravov interpreta Edipo), il Coro invece è greco, istruito da Thodorìs Ambazìs. Grazie al dramma antico, due lingue e scuole diverse si incontrano prima a Epidauro, e poi a Mosca il prossimo novembre.
Tuminas spiega la sua linea di lettura, focalizzata sulla presa di coscienza e sul dovere di responsabilità da parte di Edipo: “Egli è un uomo forte, ma riconosce i propri errori, si acceca e accetta la punizione dell’esilio e la povertà estrema. Oggi invece gli uomini di potere in genere non si sentono colpevoli. A loro tutto è concesso e lecito. È giunto il momento di ricordare a tutti che cosa significano virtù e onore” (“To Vima”, 24.07.2016). L’interpretazione degli attori russi è impeccabile, ma a tratti convenzionale, recepita dal pubblico greco come solenne e pomposa, con punte melodrammatiche.
Sulla scena un enorme tubo-cilindro si muove avanti e indietro: è la ruota del destino (la Moira), capace di innalzare e schiacciare l’uomo. Sfruttando i pochi appigli, Edipo vi si arrampica spesso e cerca di stare in equilibrio.
L’eroe entra in scena in modo inusuale, suonando il motivo conduttore sulle note calde di un sassofono. Nello spettacolo però la musica diventa un “tappeto sonoro” a tratti disturbante, perché troppo descrittiva, con un uso quasi cinematografico a sottolineare i momenti clou. Nelle pause di silenzio, si leva il canto corale, a cappella. Il greco riprende possesso del luogo e si ricamano danze di parole e suoni nell’aria. Per Ambazìs (“LIFO”, 07.07.2016) è stato un privilegio poter lavorare in profondità sul Coro (movimenti, gesti) e soprattutto sulla voce: il ritmo, la durata, lo studio per arrotondare o sfilettare vocali e consonanti, calibrare i suoni acuti o profondi. L’esito però è risultato troppo compatto e omogeneo, e forse si poteva osare di più, curando il ventaglio dei chiaroscuri e valorizzando le dissonanze. Dopo i greci, la staffetta vocale ritorna ai russi. Lontani e vicini, grazie a Edipo.

Gilda Tentorio

Antigone
regia di Stathis Livathinòs
15-16 luglio 2016

Edipo re
regia di Rimas Tuminas (in collaborazione con Teatro Nazionale di Grecia e Teatro Vakhtangov di Mosca)
29-30 luglio 2016