di Nanni Balestrini
regia di Lorenzo Loris
visto al teatro Out Off _13-23 dicembre 2016

Attorno a un tavolo, sei attori eseguono “l’autopsia di carta” di Giangiacomo Feltrinelli, l’Editore miliardario dilaniato da una esplosione il 14 marzo 1972 mentre, si dice, stava cercando di far saltare un traliccio dell’alta tensione a Segrate, per mettere al buio mezza Milano.
Inizia così L’Editore, spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Nanni Balestrini – edito da DeriveApprodi – che, insieme al regista Lorenzo Loris, ha curato l’adattamento teatrale. La narrazione comincia dalla fine, perché non c’è nulla da svelare: quella tragedia è ormai Storia, anche se la morte di Feltrinelli ha tuttora aspetti irrisolti e il suo cadavere, come quello di Polinice, attende ancora giusta sepoltura.

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Lo spettacolo non dona né soluzioni né verità: mostra piuttosto le conseguenze del fatto all’interno di un gruppo dove sono rappresentate le varie anime della sinistra anni ‘70, prefigurando le loro future mutazioni. Gli attori in scena sono sia i personaggi sia gli attori che li interpretano, in un gioco meta-teatrale dove ognuno di loro interpreta un ruolo “esemplare”: lui e lei, ovvero la coppia innamorata, amica dell’Editore, contaminata dai primi germi del femminismo; la giornalista progressista contraria alla lotta armata e incline alla teoria del complotto; il “leaderino” che rivendica la carica rivoluzionaria di Feltrinelli e passerà nei gruppi armati; il più anziano del gruppo, ex comandante partigiano, con una giacca verde come quella del Che; e, infine, il narratore-regista, che all’occorrenza si unisce al canto del coro. Seguiamo le loro discussioni, le loro  liti.  È vero quello che scrivono i giornali? Che cosa è accaduto per  davvero? Qual è il ruolo dello Stato e dei servizi? Soprattutto, quali sono le conseguenze politiche di questo gesto? Bisogna imbracciare il fucile o piegare la testa?

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Il meccanismo del teatro nel teatro consente di non prendere posizione su un tema ancora caldo. Gli attori si limitano a interpretare i vari personaggi, con tratti a volte marcati fino alla caricatura, rischiando di appiattire i due livelli della recitazione. Eppure il moltiplicarsi dei punti di vista garantisce una prospettiva articolata, dove ad emergere sono i chiaroscuri di una realtà (in primis quella politica) ambigua e sfuggente. Del resto, gli storici lo sanno bene, ciò che conta in un’analisi del reale non è il singolo episodio ma la visione d’insieme: determinante non è “lo scoppio della bomba” ma le modalità e i motivi che lo hanno generato e, cosa più importante, le conseguenze che comporterà. È morto l’Editore, ma in quel deflagrare è morto anche il sogno di un’Italia diversa, sia per chi aveva scelto la lotta armata sia per chi auspicava a una maggiore democrazia. Gli esiti di quella rivoluzione mancata li stiamo subendo ancora oggi.

Giulia Alonzo