La non-scuola compie 20 anni. Per festeggiare, il Teatro delle Albe ha organizzato due giorni (21 e 22 Aprile) di dialoghi, riflessioni, racconti, domande e tentativi di risposta. Un cerchio creato da amici, critici, teatranti, studiosi, guide e operatori, che le Albe hanno ospitato nella sede del Teatro Rasi. Parlare della non-scuola è parlare del senso stesso del teatro: ed è proprio con una provocazione in questo senso che Marco Martinelli apre il dibattito. Qual è il senso del fare teatro? Come e perché tenerlo in vita? Quando il teatro viene messo in mano ai ragazzi e diviene materiale vivo e incandescente questa domanda si fa più chiara.

La non-scuola non si può raccontare. Marco Martinelli e Ermanna Montanari hanno provato a metterla nero su bianco nel loro Noboalfabeto. Non è teatro per i ragazzi, non è educazione, non è insegnamento, non è recitazione. Certamente non è scuola. È teatro, nel suo essere innanzitutto esperienza di relazione. Quella che chiamano “non-scuola” si rispecchia di fatto un percorso di autopedagogia e autoformazione fatto di scambi e di incontri, che è il fondamento stesso del teatro delle Albe. Una filosofia – se così si può chiamare, nel senso più essenziale e meno intellettualistico del termine – che emerge nei 21 punti dell’abbecedario, che vanno da Asinità a Zucca e raccontano uno sguardo che si riflette nel loro modo di fare teatro. E se ci si chiede perché lo fanno, la risposta non può che coincidere con un richiamo: la non scuola piace agli stessi attori-guide e serve a loro per primi. In questo bisogno reciproco sta il segreto di un’orizzontalità che è la chiave per uscire dalle strettoie del teatro sociale e del teatro ragazzi.

Passando dalle scuole superiori di Ravenna a quelle di Lido Adriano, dai laboratori a Scampia a quelli a Seneghe, dai progetti speciali per Santarcangelo o per Venezia per citare solo gli episodi più recenti (tutti rappresentati nell’incontro ravennate) la non-scuola si continua a diffondere con un effetto contagio. Si sposta, a volte mette radici, e tramite tanti piccoli epicentri continua a diramare la sua presenza. Come a Seneghe, paese nella provincia di Oristano che vede allontanarsi le nuove generazioni senza riuscire a includerle nella vita della comunità. Qui l’esperienza della non-scuola sembra aver trovato un’inaspettata persistenza: i ragazzi che hanno partecipato al laboratorio si sono poi fatti carico di un nuovo ruolo, di guide, di parte attiva. Al Carnevale di Seneghe, erano i giovani non-scuolini a guidare le danze.

A chi sia capitato di passare la scorsa estate dal grande e polveroso spazio dello sferisterio di Sant’Arcangelo – che ha ospitato per le due settimane di festival un plotone di 200 adolescenti guidati da Martinelli e dalle guide della non-scuola – è ben chiara l’energia che il metodo Albe è in grado di liberare. Oltre che di pratica teatrale si tratta di una sorprendente dimostrazione della semplicità dell’integrazione. La parola, spogliata di tutta l’eco retorica, diventa una manifestazione: differenze, disabilità, etnie, religioni vengono valorizzate come potenzialità nell’uso di una lingua universale, un esperanto teatrale che tutto assorbe e amalgama.

Chi ha riflettuto al Teatro Rasi su questi temi (oltre alle guide, voci critiche come gli Asini, il Taburo di Kattrin, Altre Velocità, Stratagemmi e Massimo Marino, docenti come Laura Mariani, Cristina Ventrucci e Rodolfo Sacchettini della direzione di Santarcangelo, intellettuali come Tahar Lamri e organizzatori che hanno accolto la non-scuola nelle loro sedi) conosce il piccolo miracolo che il Teatro delle Albe continua a realizzare in luoghi e tempi sempre diversi. E ora? Come alzare la posta? È sufficiente accontentarsi di questa “utopia realizzata”?

A Marco Martinelli e alle sue esperte guide l’esperienza di Santarcangelo appare con chiarezza un passo avanti, una duplice apertura. Un percorso che dall’interno del teatro è esploso nel fuori, nella strada: una strada visibile dagli addetti ai lavori del Festival e dagli abitanti della città romagnola. E poi una fusione, un cortocircuito tra molte delle esperienze della non-scuola: sulla pagina facebook di Eresia, i ragazzi – da Philadelfia a Diol Kadd passando per Conegliano – continuano a scriversi e promettersi di non dimenticare. Ora sta al Teatro delle Albe capire come.

Maddalena Giovannelli
Francesca Serrrazanetti