Nata da una classe della Paolo Grassi, Fattoria Vittadini in dieci anni è diventata il punto di riferimento per le giovani compagnie di danza. D’altronde non è raro che la scuola funzioni da collante e dia i natali a sodalizi umani e artistici. Anzi, in questi ultimi anni si può notare una sempre maggiore proliferazione incontrollata del fenomeno: i gruppi fioriscono, si accorpano, si disgregano, in una corsa a chi riesce a creare l’associazione più a misura per sé. Basta guardare all’immensità di IT Festival, che ai suoi albori nel 2013 si era significativamente chiamato Excess, per poi cercare di ridimensionarsi introducendo paletti di varia natura, ma mantenendo ogni anno numeri altissimi.
In questo mare magnum in cui anche gli osservatori più aggiornati fanno fatica a orientarsi, la collettività artistica Fattoria Vittadini ha avuto una longevità abbastanza rara. Per raggiungere i dieci anni di carriera non sono sufficienti le doti artistiche – che i Vittadini indubitabilmente possiedono – o la fortuna di ritrovarsi in un gruppo con ottime dinamiche interne e con un buon equilibrio di interpreti maschili e femminili, entra infatti in gioco un parametro che ha poco a che vedere con i gesti, la mimica e l’arabesque: la capacità di gestire l’aspetto organizzativo. Argomento di uno dei primi incontri legati a It’s a little bit messy, l’abilità gestionale rappresenta uno dei maggiori punti di forza di Fattoria Vittadini. Spesso accade infatti che nella formazione di un’associazione culturale si dia ascolto solo allo slancio vitalistico, alla voglia di fare e di mettersi in gioco, senza però una reale consapevolezza su come gestire la macchina associativa tanto che uno strumento operativo come “Lo sportello del teatrante” (ideato da Valentina Falorni e da alcune sue colleghe) è diventato in breve tempo uno dei pochi salvagenti per restare a galla nel mare di scartoffie e procedure. Eppure, se gli artisti si facessero alcune domande preliminari – cosa ne sarà di noi da qui a cinque anni? Come affrontare le difficoltà? – non ci sarebbe bisogno di un “ufficio di sostengo” in cui si spiega che cosa sono Enpals e agibilità.
I Vittadini, dal canto loro, fanno parte dei virtuosi che quelle domande se le sono poste. Un po’ per un innato istinto di responsabilità, un po’ perché hanno incontrato persone come Sara Carolin che ha avuto la lungimiranza (e l’intuito) di vederli proiettati nel futuro ponendosi di conseguenza le domande del caso, ma soprattutto perché sollecitati dalla loro natura di “grassini”. È infatti indubitabile che la scuola che porta il nome di uno dei fondatori (soprattutto sul piano organizzativo-gestionale) del Piccolo Teatro contribuisca a rendere i suoi allievi consapevoli a trecentosessanta gradi del mondo dello spettacolo grazie al lavoro ‘integrato’ di artisti e organizzatori, chiamati necessariamente a confrontarsi, scontrarsi e amalgamarsi. E così i Vittadini prima ancor di nascere erano consci che uno statuto non è una mera formalità, ma un modo di mettere nero su bianco la metodologia di lavoro del gruppo; avevano un’idea piuttosto chiara di management dello spettacolo; si rendevano conto che l’organizzazione non è un ombrello che deve cercare di coprire l’immaginazione senza freni dei creatori, ma un elemento fondamentale che contribuisce attivamente alla progettazione artistica del gruppo.
Essere una compagnia di danza strutturata non è solo utile al proprio interno, ma è anzi “un elemento di pregio, che ha fatto sì che Fattoria Vittadini spiccasse nei circuiti di scouting nazionale”, come afferma Luisa Cuttini, direttore artistico di C.L.A.P.Spettacolodalvivo, da sempre affascinata dal gruppo. Da Anticorpi XL a NID Platform fino a NEXT, tutti i progetti ministeriali di promozione della danza contemporanea hanno visto i Vittadini in prima fila, grazie certo al loro talento, ma anche alla loro natura di collettività artistica strutturata.
Sembra scontato, ma per restare in piedi per dieci anni bisogna cominciare dalle fondamenta: studiare un buon manuale di organizzazione e sporcarsi le mani con l’odiata burocrazia. È questo, il primo passo per valorizzare le proprie doti artistiche: non sarà certo un passo di danza, ma, si sa, prima che inizi la musica è meglio temprarsi con un po’ di training.
Vanja Vasiljević