È un’utopia, di questi tempi, un rapporto tra generazioni artistiche sano e proficuo?
Alcune recenti esperienze, nel campo della danza contemporanea italiana, sembrano testimoniare che attingere al lavoro dei maestri così come saper trasmettere i propri saperi è una questione cruciale.
Possono essere letti in prospettiva speculare due spettacoli presentati negli scorsi mesi nei cartelloni milanesi: Terramara di Abbondanza/Bertoni e 2+2=5 della compagnia Sanpapié.
Il primo, in scena a fine gennaio al PimOff di Milano, è la riproposizione dello spettacolo d’esordio di una delle coppie più affermate e interessanti del nostro panorama di danza contemporanea: Terramara, un debutto del 1991, è tornato alla vita nel 2013. Mentre il palco si illumina progressivamente, ecco apparire una lunga coda di cavallo su un corpo longilineo e due larghe spalle maschili. Sembra di poter indovinare le note fisionomie di Michele e Antonella, ma la luce ormai piena rivela il gioco del doppio: in scena ci sono i giovani Francesco Pacelli e Eleonora Ciocchini, alter ego dei loro maestri. Il riallestimento dello spettacolo è stato curato personalmente da Abbondanza e Bertoni nell’ambito di RIC.CI, il progetto di Marinella Guatterini dedicato alla salvaguardia della memoria coreografica italiana (tra gli altri coinvolti, Enzo Cosimi e Sosta Palmizi). Non è difficile riconoscere, nel bellissimo spazio scenico punteggiato di arance, tutti gli elementi caratterizzanti del noto duo: le prese che paiono sfidare la gravità, l’ironia come registro prevalente, il gusto per il gioco, il sapiente utilizzo delle attese e delle sospensioni.
I valenti danzatori si sottopongono alla prova con gusto e determinazione; e se talvolta si indovina nei loro arti vibranti il peso dello sforzo (mentre i loro maestri paiono non essere sottoposti alle umane leggi della gravità) appare chiaro che dominano il linguaggio con notevole consapevolezza. In una fase avanzata della carriera, con molte esperienze alle spalle e forse qualche riflessione sul futuro (a tutto questo fa pensare Esecuzioni, creazione del 2013 ancora in tournèe, che dedica un lungo e straordinario brano al come “uscire di scena”), la compagnia Abbondanza/Bertoni pare prendere linfa dal rapporto con una nuova generazione: i due coreografi trasferiscono e adattano a corpi altrui un intero vocabolario coreutico, e nel trasmetterlo offrono al pubblico (e a se stessi) una fotografia ragionata del percorso compositivo compiuto.
Una riflessione sulla memoria inversa – eppure equivalente – è proposta da Sanpapiè, una delle compagnie più stimate e promettenti della scena lombarda, nata tra i ‘banchi’ della scuola Paolo Grassi. 2+2=5 , firmato da Lara Guidetti e andato in scena in marzo al Teatro della Contraddizione, è un corpo a corpo con la tradizione, un viaggio attraverso insegnamenti e modelli fino a rintracciare se stessi (in scena, anche qui, Francesco Pacelli). Cinque composizioni dedicate a cinque coreografe: Marta Graham, Isadora Duncan, Pina Bausch, Mary Wigman, Luciana Melis. La memoria non è qui necessità di tenere in vita l’effimero, ma attraversamento necessario a scoprire la propria personalità; ed è un’urgenza particolarmente viva nella creazione dedicata alla Melis, insegnante della Paolo Grassi prematuramente mancata e punto di riferimento per molti danzatori del gruppo. Ma il gruppo si pone coraggiosamente a confronto anche con i giganti dello scorso secolo, reinterpretando senza scimmiottare, e mostrando di avere un prezioso senso della diacronia assente in molte giovani compagnie. Il risultato non è uniforme (fulminante Tracce, dedicato alla composizione scultorea della Graham; affascinante e non scontanto Tumulto, tributo alla non troppo nota espressionista tedesca Wigman; meno convincente il troppo languido A occhi chiusi, omaggio a Pina Bausch); ma soprendono il coraggio, l’abilità tecnica e compositiva, la profondità prospettica del gruppo. Che pare ricordarci come un artista formato sia innanzitutto qualcuno capace di assorbire la tradizione e di allontarla da sé.
Agli stessi temi sembra dedicato il lavoro di Ramona Nagabczyńska, che sarà presentato a Uovo in prima italiana nei prossimi giorni: al centro della riflessione coreografica Accumulation di Trisha Brown, spettacolo cardine della danza postmoderna americana. Come ripensare il passato per scoprire un nuovo presente?
Maddalena Giovannelli