MoDem, movimento democratico. È la parola intorno alla quale si costruisce tutto il lavoro di Roberto Zappalà e che Adriano Popolo Rubbio, uno dei danzatori della compagnia catanese, usa per introdurre la masterclass con i ragazzi di Dancehaus. “MoDem – spiega Rubbio – movimento libero, selvaggio, istintivo eppure regolarizzato in uno schema, in una tecnica”. Sembrerebbe una contraddizione eppure è proprio questo che vediamo nelle tre ore di lezione. Si parte dal riscaldamento a terra intorno ad alcuni centri cardine del corpo: da micro-movimenti della nuca, si passa alla spalla e così via, in una fluidità continua che chiede la consapevolezza di ogni gesto. “Essere liberi ma in un lavoro obbligato”, ricorda Adriano, in quanto una sola parte del corpo alla volta è motore di tutta la macchina. Per ogni centro, per ogni articolazione che si riscalda, ci si chiede “Fin dove posso arrivare?”: è un continuo investigare tutte le possibilità del proprio corpo in un aumento di energia progressivo passando da uno slow motion, a una velocità massima, cercando di mantenere la cura per ogni singolo gesto. L’automatismo degli alunni dell’accademia, che fa loro riproporre il “già saputo”, è scardinato quando Adriano chiede di lasciarsi trasportare nello spazio a partire dalla spina dorsale: perché lo scopo è quello di “non cercare forme che conosciamo ma stare al servizio di qualcosa d’altro, la danza”. I movimenti sono liberati dall’impostazione accademica tanto che “non è più un arabesque” ciò che chiede di fare. È così chela vecchia epistemologia tramonta e il danzatore si riappropria di sé e di una genuinità più vera. Non si tratta di una banalizzazione ma della nascita di una “democrazia della danza”: non più rigidità ma uso dei movimenti tecnici esagerati o sporcati al fine di non farsi ingabbiare da essi. Quando è il momento di imparare un pezzo di repertorio dallo spettacolo di Zappalà (La Nona/dal caos, il corpo) succede proprio questo: i corpi dei danzatori si muovono sulle note di Beethoven in un dinamismo sorprendente fatto di contro-tempi, di squilibri e di ritmi che col classico hanno ben poco a che fare. Anche nel finale ritorna il doppio lavoro che ha guidato tutta la masterclass, un’alternanza tra lentezza e velocità, tra controllo e liberazione dell’istinto. Rubbio infatti sorprende ancora i ragazzi chiedendo loro di rompere il consueto momento intimo di respirazione in cerchio per scatenarsi soli, a coppie e poi in gruppo, in una danza sfrenata. Per ricordare a se stessi e agli altri la gioia di danzare.
Giulia Villa
Masterclass con Roberto Zappalà tenutasi il 10 ottobre 2018.
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView