Dal palco dell’Elfo Puccini, dove tredici giovanissime danzatrici hanno inscenato il quinto dei suoi ‘quadri’ dedicati alla figura di Prometeo, il lavoro di Simona Bertozzi continua nelle sale della DanceHaus con una masterclass all’insegna della presa di coscienza del proprio corpo e dello spazio in cui il movimento prende forma. Il percorso parte da terra. Le schiene dei danzatori affondano nel pavimento, avvertendo tutto il peso della forza di gravità che le schiaccia al suolo: è la conquista di un primo livello di spazio. Come la coreografa non tarda a svelare, obiettivo di questa prima fase di lavoro è il raggiungimento di una percezione cosciente delle connessioni anatomiche che legano ciascun frammento di corpo e rendono necessarie e armoniose le transizioni da un movimento all’altro. Solo attenendosi alla naturale logica corporea – spiega Simona Bertozzi – è possibile creare attraverso la danza “architetture del corpo che deviano dalla quotidianità”. Gli allievi ora sono tutti in piedi: il loro corpo è una linea che si tende in una verticalità perfettamente perpendicolare al suolo. Questa è la posizione che ha in sé, in potenza, tutti i movimenti possibili e la coreografa invita ora a esplorarli, assecondandone le naturali conseguenze. La volontà va messa a tacere, soltanto al corpo spetta il compito di rispondere ai suoi stessi impulsi. “Quello a cui state dando vita è un primo vocabolario della danza, una forma di movimento primordiale” continua la danzatrice. La ricerca è appena all’inizio e a poco a poco allarga la sua prospettiva: ora anche lo spazio è oggetto di una percezione sempre più aperta, insieme ai corpi che lo condividono. “Uscite dal vostro isolamento. Apritevi all’inaspettato, alle informazioni che gli altri corpi vi trasmettono” echeggia di tanto in tanto la voce di Simona Bertozzi. E come guidati da un istinto ancora acerbo, ma già inarrestabile, i danzatori iniziano a cercare un contatto, a dettarsi reciproci tracciati di movimento, a sfiorarsi e poi toccarsi, fino a confondersi in uno spettacolo suggestivo per chi guarda. Simona intanto gira attorno a loro, dà indicazioni, ma soprattutto osserva. Cosa starà vedendo? Soltanto dopo scopriamo che il suo sguardo ha fissato delle immagini che ora vanno a comporre una coreografia improvvisata. Un’ultima suggestione: non è il corpo a muoversi nello spazio, ma è lo spazio che con il suo volume trascina, spinge, tende il corpo fino al liberatorio salto finale.
Chiara Casiraghi
Masterclass con Simona Bertozzi tenutasi il 7 ottobre 2018.
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView