La grandezza di un’opera si misura dalla capacità di non invecchiare: Bordeline, pièce dell’autore anglo-pakistano Hanif Kureishi, è stata scritta e messa in scena nel 1981 ma sembra creata oggi. Processi di immigrazione nella società contemporanea, difficoltà di integrazione in un’Inghilterra scissa tra accettazione e razzismo: le tematiche del dramma sono centrali anche per l’Europa di oggi, e non meno per l’Italia. Non si tratta di un mero sfondo alle vicende trattate: una pluralità di voci e punti di vista entra nel cuore dell’esperienza migratoria e integrativa attraverso la rappresentazione di contrasti e tensioni.
Kureishi mette in campo, per la stesura di Borderline, una parte importante della sua biografia: nato a Londra nel 1954 da padre pakistano e madre inglese, ebbe modo di sperimentare direttamente gli scontri etnici e generazionali nell’Inghilterra degli anni ’70 e ’80. Prima di immergersi nella scrittura del testo, il drammaturgo si è dedicato a incontri e interviste presso la comunità pakistana del quartiere londinese di Southall, venendo così a contatto con una molteplicità di reazioni, speranze, aspettative.
Uno spazio di studio e di approfondimento è stato riservato a Borderline all’interno della terza edizione di Intercultural Dialogues, un progetto ideato da Margaret Rose e Mariacristina Cavecchi all’Università Statale di Milano, in associazione con l’Università di Cardiff e sostenuto da British Council, Teatro F. Parenti, Scuola Civica P. Grassi, Outis e Fondazione ISMU. Nel corso del workshop – che ha avuto luogo tra il 18 ed il 22 marzo presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Milano – un gruppo scelto di studenti ha lavorato fianco a fianco con Hanif Kureishi in un processo di traduzione dell’opera e approfondimento dei contenuti. Lo sguardo costantemente rivolto al testo e alle scelte lessicali ha permesso una riflessione su una più ampia questione linguistica: cosa rappresenta la lingua inglese nel processo di integrazione? È uno strumento utile per la coesione comunitaria e nazionale? Un idioma condiviso può risultare un rassicurante elemento di vicinanza per chi guarda con sospetto allo straniero?
Hanif Kureishi è stato, per i partecipanti al workshop, una guida mai superficiale attraverso le contraddizioni di ogni processo di integrazione in una società contemporanea: spaesamento, messa in discussione dell’identità nazionale, difficoltà a comprendere un mondo e una lingua che – a differenza di quanto accadeva per i migranti del periodo post-coloniale – risultano oggi del tutto ignoti. Borderline recupera così il senso più antico e profondo del teatro: uno strumento per interrogare la società in cui è immerso. Uno strumento, dunque, profondamente politico.
Beatrice Moja