“Che cos’è la città?” Chiede una voce dalle cuffie che ci vengono date nel foyer del Teatro Elfo Puccini. È un insieme di palazzi, strade, semafori, di informazioni e di persone: è un corpo umano, un cantiere in continuo movimento. Veniamo allora guidati proprio tra le vie di questo mondo a noi così familiare: Milano. Da quel luogo talvolta troppo elettivo che è il teatro, dove noi spettatori rimaniamo spesso lontani dal palco e da ciò che sul palco viene messo in scena, ci spostiamo nei corridoi della metro di Porta Venezia, corridoi che sono percorsi tutti i giorni e che non possono non rendere più vicina la proposta della compagnia Sanpapiè.
I danzatori si muovono sulla coreografia di Lara Guidetti che sceglie come colonna sonora A 1 Bit Simphony del compositore newyorkese Tristan Perich. I cinque movimenti della sinfonia guidano il corpo degli interpreti che in jeans, felpa e Nike ai piedi si confondono con i passanti e con noi stessi. “Chi è parte dello spettacolo? Chi sono i danzatori?” Sembra chiedere il nostro sguardo smarrito vedendoli continuamente entrare e uscire dalla performance, in un gioco tra ciò che è 0, cioè la normalità di allacciarsi le scarpe o timbrare il biglietto, e 1, il massimo dell’azione.
I loro corpi interagiscono con i gradini, con le scale mobili e le pareti: “perché il punto del lavoro non è la struttura, ma un’attenzione a come danzano le cose”, ci ricorderà più tardi Guidetti mentre la intervistiamo.
Come si muove la città? E ancora: come si muove la gente? Da queste domande nasce il lavoro di improvvisazione su cui si fonda A(1)Bit. Ed è così che, nel quarto movimento, ci troviamo a osservare un ragazzo che appoggiato al muro si tocca i capelli, un’altra che si stiracchia e un terzo incrocia le braccia al petto. Tutti si muovono individualmente quasi fossero gli elementi di un’orchestra che si sta ancora accordando per trovare poco dopo un’unità d’insieme. Ecco infatti che adesso i danzatori ci accerchiano in un finale quasi ieratico: accorciano le distanze e noi stessi entriamo a far parte della performance, siamo, finalmente un corpo unico. La forma del cerchio che compongono è scelta da Guidetti in nome del piano regolatore di Milano: una città circoscritta e centrata sul suo Duomo, così come il lavoro della compagnia ha come fulcro il bacio finale di due ragazzi. Cos’è allora il centro? Un bacio, il gesto più quotidiano, eppure più carico di tensione e affetto che ci sia.
Giulia Villa
coreografia Lara Guidetti
dramaturg Marcello Gori
performer Fabrizio Calanna, Sofia Casprini, Lara Guidetti, Matteo Sacco, Lara Viscuso e i danzatori di DanceHauspiù
installazioni Maddalena Oriani
grafica e foto Stefania Grippaldi, Pierluigi De Astis
una produzione Sanpapié in collaborazione con MilanOltre, Festival Exister, DanceHauspiù, Sentieri Selvaggi
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView