Il bacio che circa a metà di A[1]Bit avviene tra due danzatori di Sanpapiè abbatte definitivamente il confine tra interpreti e pubblico. Sullo schermo che fa da sfondo a quel bacio vengono infatti proiettati quelli che pensavano di rimanere soltanto spettatori e che invece si ritrovano ad essere vero soggetto dello spettacolo. Fino a questo momento erano state le coreografie, riprese in vari punti del teatro, a dialogare con il palco attraverso filmati trasmessi simultaneamente. Quando le bocche dei danzatori si incontrano, invece, l’indagine spaziale si è appena contratta, limitandosi alla sala Fassbinder dell’Elfo dove tutti i danzatori si sono trovati per circondare sul palco alcuni spettatori, come il modello di un atomo in cui gli elettroni girano attorno al nucleo. Ora le riprese video – effettuate direttamente dai performer con alcuni smartphone – interrogano lo spettatore: lo sguardo caleidoscopico necessario per seguire i movimenti nella molteplicità degli spazi è stato sostituito con una prospettiva frontale verso la platea. A ribadire che il centro, il soggetto è davvero il pubblico!
Anche la musica di Tristan Perich, motore primo di tutto lo spettacolo, contribuisce a dare un’idea di maggiore coralità: dopo la presentazione sonora delle singole particelle, avvenuta con brevissimi temi ben distinti l’uno dall’altro, si raggiunge ora una perfetta compenetrazione delle parti in un’unica sinfonia in un incontro musicale che riflette quello avvenuto sul palco. Poi i danzatori di Sanpapiè iniziano ad allontanarsi gli uni dagli altri, per cercare nuovi spazi da conquistare, ma restano ancora in sala Fassbinder, come se non volessero allontanarsi troppo da quella comunità mista che hanno appena creato. La centralità del pubblico non verrà più messa in discussione: i danzatori stessi cercano di consolidare l’incontro andando tra gli spettatori rimasti seduti in platea, con continui tentativi di contatto e inclusione. Quel bacio, quella fusione tra danzatore e pubblico assume definitivamente un significato preciso: è la fondazione di una nuova possibile collettività, il cui avvento va annunciato e diffuso ovunque. Non solo in teatro, sembrano dirci Sanpapiè mentre li vediamo varcare le porte della biglietteria: ma anche fuori, direttamente nella città e, perché no, nel mondo intero!
Daniele Rigamonti
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview