Riscrivere un classico non è mai una sfida semplice per un drammaturgo: bisogna tenere in equilibrio le esigenze della scena, le caratteristiche del testo di partenza e – non meno importante – le specificità della propria scrittura. Ma a Linda Dalisi, dramaturg della compagnia Stabilemobile, l’esperienza non manca. Al fianco di Antonio Latella ha messo a punto copioni a partire dai testi di Pasolini, Ibsen, Collodi e ha vissuto di recente una vera e propria immersione della drammaturgia classica grazie al riuscito e ambizioso progetto Santa Estasi (qui la recensione pubblicata su Stratagemmi).
Dalisi si accosta dunque al testo dell’Aiace (alla cui riscrittura collabora anche Matteo Luoni) con le spalle forti, facendosi carico, in questo caso, anche del disegno registico dello spettacolo. Per il suo viaggio all’interno della tragedia di Sofocle (per altro l’unico dei tre tragici non rappresentato in Santa Estasi), Dalisi sceglie una squadra di tre attori: Annibale Pavone, storico interprete della Stabilemobile, la francese Estelle Franco (già diretta da Latella in Ti regalo la mia morte, Veronika), e un performer non professionista, l’ivoriano Abraham Narcisse.
I differenti universi linguistici e culturali del cast diventano nutrimento sostanziale per l’indagine sull’Aiace: è proprio l’impossibilità di comunicare con l’altro, di comprendere a fondo il suo punto di vista la chiave interpretativa dello spettacolo. Nella prima parte Aiace e Odisseo si scontrano dialetticamente davanti all’assemblea degli spettatori, utilizzando strategie comunicative assai diverse per ottenere l’eredità delle armi di Achille: il primo (Narcisse) ostenta la propria forza fisica come una verità indiscutibile, il secondo (Pavone) mette a punto un discorso sottile e persuasivo, utilizzando le parole come arma di ambiguità. È un Odisseo efficace e quasi renziano quello immaginato da Linda Dalisi, che parla delle sue vittorie e fa scorrere dietro di se una slide con il cavallo di Troia. Aiace, dall’altra parte, non è disposto a scendere sullo stesso campo: recalcitra, rifiuta, parla deliberatamente in lingua bambara, (“io vinco. Io non ho bisogno di parole”). Due dimensioni incompatibili si scontrano sul palco, vanamente messe a dialogo (o forse sotterraneamente incitate al conflitto?) dall’unica figura femminile in scena, che incarna la doppia identità di Atena e Tecmessa. Non è possibile salvezza né compassione, in un universo dove le relazioni con l’altro paiono inguaribilmente ostacolate dalla mancanza di comprensione reciproca: e la tragica follia di Aiace sopraggiunge, anche per l’antagonista Odisseo, come un inquietante monito sul proprio destino di uomo.
Linda Dalisi opta, come nei suoi precedenti lavori, per un linguaggio asciutto, aperto al contemporaneo ma non forzosamente attualizzante; coerentemente si muove la regia, che disegna sobrie geometrie in uno spazio scenico asettico, non privo di rimandi all’oggi (con proiettori e tailleur bianchi), ma mai connotato in preciso senso cronologico o geografico. Sono piuttosto i rapporti di forza del mito, in tutta la loro potenza universalizzante, a detonare sul palco. Al debutto, lo spettacolo mostra ancora qualche elemento da sciogliere, alcune sovrabbondanze e qualche ritmo da assestare; ma propone una lettura dell’Aiace fortemente interpretativa e un maturo e convincente dettato drammaturgico. La compagnia Stabilemobile si conferma così, anche al di là della guida salda di Antonio Latella, una vera e propria fucina di ripensamento del classico.
Maddalena Giovannelli
Aiace
regia di Linda Dalisi
drammaturgia di Linda Dalisi e Matteo Luoni
con Abraham Kouadio Narcisse, Estelle Franco, Annibale Pavone
visto il 1 giugno 2017 al Teatro Sybaris di Castrovillari nell’ambito del festival Primavera dei Teatri