È passata una settimana da quando Goffredo Fofi, fondatore e direttore del mensile “Lo Straniero”, ha comunicato, con una lettera pubblicata sul sito della rivista, la faticosa decisione di cessare le pubblicazioni, dopo vent’anni di attività. Dietro a questa scelta, oltre ai quasi inevitabili problemi economici legati alla vendita di un giornale cartaceo, anche la constatazione dell’incolmabile distanza con la maggior parte dei “leggenti-e-scriventi italiani”. Una rivista, che ha fatto dell’azione la finalità principale delle sue riflessioni sul presente, sembra essere – e tocca dirlo con amarezza – profondamente inattuale.
Con l’incombere di questo annuncio, il 2 e il 3 luglio alla limonaia di Castello Pasquini a Castiglioncello prendevano il via le attività del Premio che la rivista assegna a personalità operanti nell’ambito della cultura e dell’intervento sociale. In programma, oltre alla cerimonia di consegna dell’onorificenza, alcuni incontri collaterali ai quali hanno preso parte anche i vincitori di quest’anno (tra gli altri il pluripremiato Valerio Mastandrea) e l’affezionato pubblico del festival.

L’apertura dei lavori ha previsto un momento di confronto dal titolo Vivere le città: scuole e teatro, esperimenti sui confini e su come attraversarli. Un tema caldo e molto complesso, non tanto nella teoria quanto nei modi e nei tempi di realizzazione – conosciamo bene le difficoltà degli interventi nelle scuole, gravate da lunghi programmi didattici da rispettare, dalla mancanza di fondi e da burocrazie contorte. E non che il teatro navighi in acque più tranquille. Eppure la questione del pubblico del futuro ha preso piede negli ultimi anni e, a larghi passi, si è affermata come nodo cruciale all’interno del dibattito culturale. Non solo a parole: nonostante le difficoltà, sono moltissimi in tutta Italia (e sempre più interconnessi l’uno con l’altro) i progetti dedicati ai più piccoli, dalla prima infanzia all’adolescenza. Si va dai più o meno tradizionali laboratori teatrali, agli incontri con gli artisti, dai percorsi di educazione allo sguardo, fino ai festival di teatro per l’infanzia. Da qui alcune iniziative allargano l’orizzonte di indagine come il percorso di filosofia ideato da Luca Mori, ricercatore universitario e coordinatore per Armunia del progetto scuole, che, proprio a Castiglioncello, racconta del suo lavoro con i bambini sul concetto di “utopia”. È lo stesso Mori, nel corso dell’incontro, a sottolineare come l’obiettivo che muove attività di questo tipo sia quello di aprire una finestra verso il fuori, un accesso al mondo che si trova al di là delle pareti scolastiche, per evitare che l’ambiente protetto della classe diventi un universo autoreferenziale. A tal proposito Angela Fumarola, co-direttrice di Armunia, sottolinea come il ruolo di mediatori svolto dagli operatori culturali debba essere supportato dagli insegnanti e dalle famiglie, con cui è fondamentale instaurare un rapporto fin dall’inizio. Con il progetto dal titolo Fare cose più grandi di noi, racconta Fumarola, Armunia ha portato nelle classi delle scuole primarie di Rosignano Marittimo un team di formatori (si va dal teatro alla filosofia e alla musica) con l’obiettivo di far nascere nei bambini una coscienza e una consapevolezza del bello, attraverso un’esperienza professionale e responsabilizzante diversa da quella del gioco.
Anche due dei premiati di quest’anno condividono con il pubblico la loro esperienza con i più piccoli: Chiara Guidi, una delle colonne portanti della Societas Raffaello Sanzio, e Bruno Leone, burattinaio e maestro guattarellaro napoletano. La prima racconta il suo lungo cammino con i bambini all’interno dello spazio teatrale. Un percorso che ha radici lontane: sono passati più di vent’anni dalla nascita della Scuola Sperimentale di Teatro Infantile, che oggi continua a vivere nelle giornate di puericultura teatrale Puerilia e da cui sono nate pubblicazioni e spettacoli ormai ‘storici’ come Buchettino (edito proprio quest’anno dalla Orecchio Acerbo Editore). Gli incontri tra Pulcinella (alias Bruno Leone) e i bambini avvengono invece per imprevedibili coincidenze nelle strade del mondo, da Scampia a Dubai, con tratti sorprendentemente comuni. Una vera e propria rete che collega la penisola italiana (incluso Castiglioncello) è invece alla base del progetto di Collettivo Antigone Parole e Sassi. Come racconta l’attrice Renata Palminiello si tratta di un laboratorio per bambini dagli otto ai dieci anni dedicato all’allestimento della tragedia greca, dalla partitura scenica fino alla caratterizzazione dei personaggi. Gli strumenti utilizzati dai piccoli laboratoristi? Otto semplici sassi. Il lavoro, che viene condotto parallelamente da venti donne in diverse regioni d’Italia, ha coinvolto dal 2012 più di 7000 bambini.
Numeri che pongono molte domande: il teatro è davvero in crisi? Se sì in che termini? Il pubblico italiano è così acerbo come pensiamo? In un panorama tanto variegato, fare rete e organizzare momenti di confronto può essere la chiave per non disperdere le energie e indirizzare il lavoro. E se teniamo conto che, oltre agli artisti, sono molti anche i progetti di critici e operatori che si stanno specializzando nel campo dell’audience engagement dei più giovani, è quanto mai importante un lavoro di monitoraggio e di riflessione.
Soprattutto ora che anche il MIUR, nelle linee guida della Buona Scuola, inserisce le attività teatrali come “materia curriculare” e non “prologo alla ricreazione o insegnamento di serie B”. Questo significa davvero che i progetti teatrali, che per anni si sono autofinanziati o hanno ricevuto con fatica il sostegno di amministrazioni locali, potranno rientrare nei programmi ministeriali? Staremo a vedere. Per il momento, come ricorda a Castiglioncello Rodolfo Sacchettini, prendiamo ad esempio la storia di Pinocchio che, davanti al bivio tra la scuola e lo spettacolo di burattini di Mangiafuoco scelse il secondo; forse oggi le strade stanno cominciando a procedere nella stessa direzione.

Camilla Lietti