Ci.e Zerogrammi
progetto, regia e coreografia Stefano Mazzotta
visto al PimOff di Milano_30 novembre-1 dicembre 2014

È governato da una “grammatica delle nuvole” il linguaggio coreografico di Zerogrammi, un lessico leggero di smorfie e sospiri, attese e rincorse, ammiccamenti e filastrocche. Anche in Alice, come in molti dei precedenti lavori, ritroviamo tutti gli ingredienti che hanno reso la compagnia una delle realtà più interessanti della nostra danza contemporanea: la cura nella partitura coreutica, la potenza evocativa delle immagini, il raffinato uso dello spazio scenico, l’attenzione allo sviluppo drammaturgico.

Stefano Mazzotta e Emanuele Sciannamea, fondatori del gruppo e danzatori di lunga esperienza, da qualche tempo sono scesi dal palco per dedicarsi per intero alla regia e all’ideazione dei loro spettacoli; talvolta (come in questo caso, dove a firmare la regia è il solo Mazzotta) persino rinunciando al consueto tandem, ma non al riconoscibile lessico familiare.
Alice – proprio come accadeva nel precedente, bellissimo Mappugghie – è uno spettacolo dall’atmosfera sospesa, una continua attesa di qualcosa che sembra non accadere mai. In una sala dal sapore vintage, cosparsa di rosse foglie autunnali e illuminata da una fitta selva di lampade appese, tre buffi personaggi (i bravi Chiara Guglielmi, Chiara Michelini, Stefano Roveda) passano il tempo a farsi dispetti, a far tintinnare cucchiaini e chiavi, a comporre e disfare effimere alleanze reciproche. Intorno a un tavolo sembra di poter riconoscere la Lepre, il Cappellaio e il Ghiro che indugiano in un bislacco rito del the, tra tazzine e sedie che cambiano continuamente posto.

Ma il riferimento all’opera di Carroll non è da intendersi come una più o meno fedele riproposizione della fabula: è piuttosto una trasposizione delle atmosfere oniriche che sembra interessare Stefano Mazzotta. In questa direzione porta anche la drammaturgia, curata da Fabio Chiriatti, che tesse una paradossale tela di elenchi (”dare tempo al tempo” / “perdere tempo” / “parlare dei tempi andati”), di regole da infrangere (“non si fissano le persone” / “non si dicono le bugie” / “ci si pulisce la bocca prima di bere”), di sfide impossibili (“dire bi senza unire le labbra”). Alice è un’immersione in un monde renversé che ha il sapore dell’infanzia: un mondo dove si fanno dispetti all’altro e un momento dopo si fa pace, dove ogni limite è posto per essere sovvertito, dove le azioni sembrano avere il peso delle piume. Le musiche e le immagini strizzano volutamente l’occhio a un lezioso immaginario da fiaba e fin dalle note di regia si parla di “poesia visiva”: ma ciò che rischia di risultare stucchevole, nei lavori di Zerogrammi, è sempre stemperato dall’ironia. Dote preziosa – e rara – nella danza e nella vita.

Maddalena Giovannelli