Ci si dovrà interrogare, prima o poi, su cosa racconti di questi anni la nostra ossessione nostalgica: lo sguardo rivolto sempre più spesso al passato e alle sedimentazioni della memoria, l’interpretazione del ricordo come elemento principale per la costruzione dell’identità, l’attitudine a sovrapporre e meticciare l’autobiografia con la storia collettiva. In questo tentativo di comprendere le ragioni di un redde rationem con i noi stessi di un tempo, si potrebbe iniziare dalla raccolta delle suggestioni che la scena ha offerto allo sguardo, una congerie stratificata di soluzioni che artiste e artisti hanno condiviso con la comunità degli spettatori. La nostra ricerca incontrerebbe così Marco D’Agostin e la sua pluriennale indagine tanto della propria biografia quanto del passato comune; giungerebbe poi al dispositivo installativo e immersivo realizzato da F. De Isabella in Diciottanni; si confronterebbe con una galassia di approcci unificati dalla volontà di restituire una vita attraverso la patina che musiche, immagini, fotografie hanno lasciato sui nostri corpi. Infine si potrebbe arrivare alla conclusione che è stata la cancellazione del futuro, il furto che la crisi climatica, le pandemie, le politiche sconsiderate hanno perpetrato a un’intera generazione, a convincerci a voltare le spalle al domani, e a contemplare il mondo di ieri.

Ambra Senatore, Col tempo – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

Anche Col tempo, brillante creazione presentata da Ambra Senatore al Teatro Nardini di Rosignano Solvay in occasione della venticinquesima edizione del festival Inequilibrio, diffonde verso la platea un sentimento dolceamaro di nostalgia:  un’ancipite sensazione di rimpianto, di timore per l’avvenire privato e pubblico, di disincanto. E tuttavia niente sembrerebbe dichiarare questo intento, neanche le asciutte note di regia che accompagnano il lavoro: solo la vaghezza del titolo – con quella preposizione che da un lato annuncia una compartecipazione dell’elemento temporale allo spettacolo, e dall’altro suggerisce una consolazione bonaria, quasi che lo scorrere dei giorni e dei mesi sia in grado di lenire un dolore senza nome –  pare rivelare un afflato mnemonico. Che il ricordo sia un ingrediente della performance, d’altra parte, è evidente fin dall’attesa trascorsa dal pubblico in foyer: è lì che Senatore si presenta, invitando gli astanti a scrivere su foglietti di carta il titolo del brano musicale che vorrebbero vedere danzato nella pièce. Ciascuno di noi si domanda se Col tempo possa essere l’occasione per riascoltare la propria canzone del cuore, o piuttosto il pretesto per quel sadismo spettatoriale del quale nessuno è immune, tale da spingerci a proporre vertiginose improvvisazioni su canti gregoriani o flautofonie di Demetrio Stratos. Seduti in proscenio, anche Matteo Ceccarelli, Claudia Catarzi, Caterina Basso e la stessa Senatore stanno scrivendo: forse titoli di celebri hit, forse pagine di diario, forse la cronaca di questi anni e questi momenti, di questa stessa giornata –  è un sabato di luglio – la cui data compare trascritta su fogli mobili posizionati sul lato destro del palco. Sono pochi minuti di sorniona complicità tra performer e spettatori, quelli che anticipano l’inizio della coreografia; Senatore consegna un cestino con i foglietti al proprio responsabile tecnico, invitandolo a selezionare casualmente la successione delle musiche sulle quali l’ensemble animerà lo spazio. 

Ambra Senatore, Col tempo – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

Ed è qui che la danza, attraverso la dimensione acustica, costruisce con la platea un legame empatico, divertito e brioso: a risuonare nella sala è ora A New Error dei Moderat – ecco l’immagine degli abiti che piovono dal cielo in Laurence Anyways di Xavier Dolan, ecco le tanti notti trascorse in club e locali – ora la voce di Kate Bush, di Rino Gaetano, Gangsta’s Paradise di Coolio – ecco Michelle Pfeiffer in giacca di pelle nella scuola difficile di Dangerous Minds – perfino un’improbabile Pompo nelle casse: chi tra gli spettatori avrà osato tanto? Col tempo acquisisce così l’aspetto di un jukebox, un dispositivo la cui dimensione ludica sembra sfidare la creatività istantanea dei performer. I quattro animano lo spazio con diagonali di salti, di rapide fughe e subitanee stasi, sperimentano formule dialogiche e relazionali, si rincorrono in manège e a turno scompaiono dietro le quinte, per poi rientrare in questo surreale carosello di posture e azioni. Ciascuno edifica una frase autonoma, offre al resto del gruppo un gesto che potrà essere replicato, riverberato in costruzioni più complesse, e improvvisamente abbandonato; a evaporare dalla scena, da quell’apparente caos reso elettrico dagli improvvidi accostamenti musicali, è un sentimento gioioso, esasperato dai rapidi cambi di costume delle performer. Perfino le frequenti pause con le quali a turno i danzatori si assicurano che il calendario sia ben visibile dalla platea, o l’esplosiva mimica facciale di cui danno prova, contribuiscono a conferire alla creazione una temperatura giocosa, straordinariamente ironica.

«Il comico è dato spesso dallo spostamento di punto di vista su cose semplici o complesse. Le si guarda in modo un po’ décalé, spostato. Soprattutto le si guarda. Si mette attenzione sui particolari. È un allenamento dello sguardo»: sono le parole della stessa Senatore, pubblicate su 93% in una densa intervista firmata da Valeria Vannucci, a suggerirci tuttavia quanto il gioco e il comico – cifre identitarie della poetica dell’autrice – possano essere chiavi per accedere a un livello ulteriore di fruizione della danza. E Col tempo non si sottrae a questa dimensione: il lavoro, di vertiginosa complessità, cela infatti, sotto uno strato cosmetico finalmente spassoso, una commossa riflessione sul presente, sulle cicatrici collezionati negli anni, su quanto è ancora in nostro potere fare. Cambia la data sul calendario perpetuo: adesso è un giorno del luglio 2002, e Claudia Catarzi – dall’eccezionale magnetismo – ha il volto contratto in una smorfia di disperazione, le guance rigate di lacrime, mentre sentiamo pronunciare con un filo di voce la frase «Vorrei ricominciare dai miei 20 anni». È un momento cairologico, un fugace istante nel quale la performance muta rapidamente di segno, sovrapponendo sensi ulteriori a quel gioco coreografico della cui verità iniziamo a dubitare. Forse nessuna delle proposte del pubblico è stata accettata, forse ogni singola musica di scena è stata decisa in anticipo, forse nessuno di noi ha sufficiente potere per agire e imporre una melodia, una velocità di esecuzione, un ritmo al tempo che scorre. 

Ambra Senatore, Col tempo – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

«Siamo stanchi? C’è abbastanza tempo?»: le domande si susseguono senza risposta, formulate dai quattro magnifici interpreti mentre tentano di costruire equilibri di gruppo, forme di presenza cooperativa che possano arginare il fluire delle ore e degli anni. È il 2020 adesso, con il suo tempo sospeso e sequestrato; è il 2072, oppure un remoto 7022, e gli innocenti interrogativi che risuonano al di sopra della musica acquisiscono uno spessore inconsueto: cosa succede là fuori? Piove, oppure infuria una guerra? La nostalgia lascia spazio a una consapevolezza diversa, mentre il fumo invade il palcoscenico e i corpi dei performer giacciono contratti ed esposti, le bocche spalancate in urla silenziose, i volti riarsi: dalla sete, dalla canicola, da questi millenni che si susseguono inesausti mentre cerchiamo di stare al loro passo. Si applaude, si sorride e si ride ancora: eppure si ha il sospetto che a terminare sia stato qualcosa di più vasto che il tempo dello spettacolo.

Alessandro Iachino


in copertina: foto di Antonio Ficai

COL TEMPO
uno spettacolo di e con Ambra Senatore
con Matteo Ceccarelli, Claudia Catarzi, Caterina Basso, Ambra Senatore
sguardo esterno Elisa Ferrari, Tommaso Monza
musiche originali Jonathan Seilman
disegno luci e scene Fausto Bonvini
foto e grafica Daniele Fona, Andrea Macchia
produzione CCN de Nantes
co-produzione Torinodanza festival / Teatro Stabile – Teatro Nazionale (Torino), Thèatre de la Ville de Paris