Secondo Salvo Lombardo
Antonio Tabucchi sosteneva che la memoria è una “formidabile falsaria” ed io concordo: credo che il lavoro scenico debba avere il coraggio di confrontarsi con il suo essere effimero e quindi difficilmente tramandabile. Ciò nonostante, scelgo l’Amleto la veemente esteriorità della morte di un mollusco (1992) della Societas Raffaello Sanzio perché, almeno per me, è stato uno spartiacque: una radicale occasione per fondare la nozione di liveness, nei termini che la contemporaneità ci propone e per ri-definire la grammatica della scena alla luce della sua tracotante retorica. Un’opera capace di allo stesso tempo di mettere in scena un’estetica complessa e affinata, inscindibile, come di fatto deve essere, dalla sua etica.
A cura di Greta Anastasio
(In copertina ph: Luca del Pia)
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