Alla sua XV edizione, il Festival Castel dei Mondi di Andria ha offerto, in 10 intense giornate (dal 26 agosto al 4 settembre), 27 titoli per 48 repliche, 4 prime nazionali, 8 prime regionali, 4 sostegni a produzioni teatrali e 3 incontri con la scena contemporanea a cura della rivista Hystrio, concentrando in “provincia” una serie di spettacoli della scena contemporanea difficilmente distribuiti nei grandi circuiti.
Promossa dalla Città di Andria – con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Regione Puglia e del Teatro Pubblico Pugliese – e attivata da quest’anno anche una collaborazione con Roma Europa Festival, è una tra le poche rassegne italiane di respiro internazionale fortemente voluta e sostenuta dalle istituzioni pubbliche. Le sedi sono varie: da quelle più “istituzionali” nel centro storico (Palazzo Ducale, Piazza Catuma) a quelle più insolite, come il sagrato della chiesa di Porta Santa, fino al suggestivo Castel del Monte, cornice perfetta per l’Amleto del Teatro del Carretto.

L’edizione di quest’anno, dedicata alla memoria di Franco Quadri, ha come filo conduttore le “esplorazioni” di territori e linguaggi diversi: tra gli altri, quello trasgressivo dei Babilonia Teatri, quello internazionale degli inglesi Pixel Rosso, quello musicale di The Irrepressibles, quello circense di Circo Rasposo, quello coreografico di Altra Danza. Giunto alla quindicesima edizione con un crescente successo di critica e pubblico (molti spettacoli hanno registrato il tutto esaurito), il festival cerca di stimolare il senso critico del pubblico, che, negli intenti del direttore artistico Riccardo Carbutti, non deve essere solo spettatore di un evento calato dall’alto, ma parte attiva e pensante. Un pubblico aperto alle novità, eterogeneo, proveniente da tutta Italia e non solo e con una cospicua componente giovanile.

Alcuni spettacoli si inseriscono con particolare armonia in questa prospettiva: And the Birds Fell from the Sky della compagnia inglese Pixel Rosso scambia i ruoli fra attore e pubblico, impartendo semplici ordini a un gruppo di spettatori, che diventano così protagonisti di una particolare forma di “autoteatro”. Altrettanto dedita alle “esplorazioni” è la performance della compagnia veneta Anagoor, che con Tempesta “mette in scena” il misterioso quadro di Giorgione dal titolo omonimo, reinterpretando in chiave audio e video le più diverse spiegazioni date nei secoli dai critici d’arte a questa opera.
Come sempre, il festival dà spazio anche alle compagnie del territorio pugliese (Teatro Minimo, Cantieri Teatrali Koreja, Fibre Parallele), che negli ultimi anni si è dimostrato particolarmente fecondo di proposte interessanti. Furie de sanghe di Fibre Parallele, “realtà della nuova scena italiana che ama sperimentare diversi linguaggi e suggestioni, tutti contrassegnati da una grande forza espressiva e da una spettacolarità che, pur non rinunciando ma anzi coltivando visioni perturbanti, è rimasta fedele al testo e alla parola” (dalla motivazione del Premio Hystrio-Castel dei Mondi 2011, dedicato alle compagnie under 35, assegnato, appunto, a Fibre Parallele) è un’opera audace, che usa il dialetto barese per rendere la violenza arcaica che si scatena all’interno di una famiglia chiusa in sé stessa.

Sempre in ambito famigliare, ma questa volta nel Nord Italia, si consuma il dramma narrato da Il tiglio-Foto di famiglia senza madre di Scena Nuda (con Filippo Gessi, Massimiliano Speziani, Teresa Timpano), che affronta il difficile rapporto fra un padre stanco e disilluso e un figlio in procinto di entrare in una comunità per malati mentali. Momenti lievi si alternano a scoppi d’ira e incomprensione profonda, mentre fuori dalle dinamiche famigliari si staglia la figura di una dottoressa, che resta spettatrice svagata e superficiale, incapace di sostegno e risposte. L’atteso ma già collaudato The end dei Babilonia Teatri, giovane e affermatissima compagnia che può già fregiarsi dei Premi Scenario e Ubu, affronta, in un serrato e intenso monologo, un argomento-tabù della società occidentale: la morte.
Lo spettacolo, interamente retto da Valeria Raimondi (co-autore e co-regista è Enrico Castellani) con toni freddamente declamatori, ruota attorno a una scarna scenografia: un frigorifero, un crocefisso e due teste di animali decapitati – e mette in luce i paradossi e le ipocrisie che accompagnano la fine, non facendo sconti a nessuno: religione, famiglia, consumismo, materialismo. La tensione drammatica si scioglie solo nel finale, quando l’attrice appare in scena con l’unica risposta possibile: la vita, incarnata dalla figlia neonata. L’impianto della piece rivela talvolta qualche debolezza, ma mostra sincero coraggio e forte urgenza comunicativa, in armonia con il sottotitolo di Castel dei Mondi 2011, una frase di Leo de Berardinis quanto mai adatta ai nostri tempi: “Il teatro toglie la vigliaccheria del vivere”.

Simona Lomolino