Antisocial è stato scritto nel 2015 da Bogdan Georgescu, classe 1984, drammaturgo e artista di origini romene. Il testo fa parte, insieme a #minor (2016) e MAL/PRAXIS (2017) della trilogia Quantosiamolontanidallecavernedacuisiamousciti?.
Ogni pièce è ambientata in Romania e ragiona su una tematica d’attualità: il sistema dell’educazione, l’autorità parentale e nazionale, il potere delle istituzioni e la responsabilità individuale. Di formazione attoriale, specializzato in sceneggiatura e documentari, Georgescu è considerato uno degli esponenti più importanti della corrente del teatro comunitario in Romania. Collabora con il HebbelamUfer HAU Theatre di Berlino, è uno degli autori selezionati dal progetto “Fabulamundi. Playwriting Europe” ed è invitato in tutto il mondo a festival e conferenze come formatore e relatore per il teatro sociale.
La maggior parte delle sue performance sono costruite seguendo un processo di arte attiva e partecipata, con la raccolta condivisa di materiale documentario per la drammaturgia. Antisocial è stato prodotto dal Teatro Nazionale Radu Stanca di Sibiu e dall’Università Lucian Blaga con un cast di giovani attori e attrici. I loro nomi e cognomi coincidono con quelli dei personaggi: Alexandra, Cristina, Maria, Călin, Paul, Anton e Cristi.

Una scena di Antisocial per la regia di Bogdan Georgescu in scena a Parigi (Théâtre de la Ville) nel 2018 (Photo: Tnrs Adrian Bulboaca)

Georgescu struttura la drammaturgia di Antisocial in sette parti, ognuna di queste conta sette persone in scena, tre femmine e quattro maschi. Ogni sezione è introdotta da un numero romano con accanto la dicitura della categoria sociale protagonista:

I. Studenti
II. Professori
III. Genitori
IV. Professori
V. Studenti
VI. Attori
VII. Studenti

Il drammaturgo opera una gemmazione matematica: dal gruppo di lavoro attoriale vengono generati i personaggi. Parte da una matrice, 7, gli attori e le attrici, che moltiplica arrivando a 28 dramatis personae.
In ogni frammento temporale e scenico, isolati dentro l’edificio di un liceo, gli Studenti (in un’aula), i Professori (nel laboratorio di fisica) e i Genitori (in un’altra aula) si confrontano sullo stesso fatto, da tre prospettive diverse. Devono decidere che posizione assumere a riguardo e come agire.
Il passaggio da una scena all’altra scena avviene tramite un buio. Quando torna la luce sappiamo di essere in un altro ambiente, di fronte ad altri personaggi, in altri rapporti tra loro, che manifestano altre urgenze. Questi rapidi snodi drammaturgici pongono delle questioni interessanti per la regia: dal momento che non c’è tempo per cambiarsi, esistono degli abiti che siano credibili indossati sia da adolescenti, sia da adulti? Nella prima didascalia Georgescu riporta: «Sette studenti, seduti su delle sedie intorno alla cattedra. Tutti hanno uno smartphone in mano». Come si possono usare sette smartphone sulla scena? La didascalia che accompagna i professori afferma che «fumano tutti»: restando fedeli a ciò che ci dice l’autore, dove finiscono i mozziconi quando si passa al capitolo dei Genitori, per esempio? Potremmo immaginare che fumino tutti i personaggi, anche gli attori e gli interpreti stessi e che il filo di fumo delle sigarette diventi una linea del tempo, che determina la compresenza degli eventi e ci accompagna da uno stacco all’altro. Ma le possibilità sono ovviamente molteplici.
Il principale sintomo dei cambi scena rimane il linguaggio: i giovani parlano uno slang sboccato; mentre professori e genitori una lingua fintamente educata, con qualche scivolone volgare quando la tensione del confronto sale.

Antisocial al debutto in Spagna alla Sala Beckett/Obrador Barcellona nel 2015 per la regia di Aleix Fauró

La narrazione prende spunto da un accadimento reale: in un prestigioso liceo della Romania, alcuni studenti e studentesse fondano un gruppo segreto su Facebook in cui invitano tutta la scuola per fare della satira sul corpo docenti. Vengono scoperti e la notizia finisce sui giornali. È qui che inizia Antisocial.
I ragazzi e le ragazze titolari dell’amministrazione del gruppo segreto sono rinchiusi in un’aula mentre aspettano che venga decisa la loro sorte. I commenti, i like, le foto postate nel ritrovo virtuale sortiscono un effetto sulla realtà, che li investe di una responsabilità penale. Tra di loro volano accuse reciproche su chi sia stato il, o la, colpevole, chi abbia invitato nel gruppo segreto il professore che, celato dietro falso profilo, li ha poi denunciati. Giurano insieme sul calendario dei santini che nessuno di loro ha parlato. Hanno paura di essere espulsi.
E in effetti la possibilità di radiare dalla scuola gli amministratori del gruppo segreto è un’opzione che i Professori considerano, mentre fumano in laboratorio. L’aria che si respira è quella del paternalismo. I docenti si sentono umiliati dalle prese in giro, temono che il liceo perda la sua prestigiosa reputazione e discutono sulle modalità di applicazione di una punizione esemplare, non solo per i sette, ma per chiunque abbia accettato l’invito a entrare nel gruppo. Sì, ma come procedere? Il gruppo Facebook è stato prontamente eliminato, una volta scoperto, ma il preside ha avuto la brillante idea di stampare tutto il flusso dei post con i relativi commenti.
La situazione diventa comica quando, sommersi da una pila di fogli, (l’Internet stampato) il corpo docenti si interroga su come risalire da un nickname a un’identità, o come distinguere la gravità degli interventi per assegnare una relativa sanzione. In base ai like? In base al numero di commenti? Come decifrare il linguaggio criptico dei social? Cosa significano FB, PLS, NP?

Antisocial alla Sala Beckett/Obrador Barcellona per la regia di Aleix Fauró

Dal canto loro, madri e padri, sono divisi tra la difesa degli studenti e l’appoggio ai professori. L’eventualità che li preoccupa maggiormente è l’espulsione, perché significherebbe iscrivere i loro figli e figlie a una scuola di grado inferiore. Peggio: potrebbero finire in uno di quegli istituti «frequentati dagli zingari». Inammissibile.
Man mano che leggiamo ci sorge un dubbio. Fortissimo. Che in realtà Antisocial ci stia parlando di qualcos’altro. Georgescu semina stralci di verità storica  e riferimenti all’attualità della Romania negli atti di finzione, in un contesto che, in apparenza, riguarda tutt’altro. Per esempio, quando i genitori paventano la possibilità che i loro figli e figlie finiscano in una scuola di gitani, il riferimento è al razzismo presente ancora oggi nei Balcani nei confronti delle persone di etnia rom, che spesso sono escluse dalla scolarizzazione o ghettizzate in istituti appositi, senza possibilità di integrarsi nella società.
Una platea romena coglie di certo molto meglio di qualunque lettore o lettrice (o pubblico straniero) questi riferimenti. Il teatro che fa Georgescu è sempre comunitario, nel senso di destinato a parlare a una comunità specifica: una categoria sociale, un popolo, una generazione.


Da Antisocial:

I. Studenti

Călin: Io non capisco cos’abbiamo fatto di così grave…Se prendevamo per il culo i prof mentre ci bevevamo una birra, non era la stessa cosa?
Paul: E certo, duecento persone a bersi una birra…
Cristi: Facebook è uno spazio pubblico. L’ha deciso una cazzona di giudice di Alba Iulia.
[…]
Paul: In fin dei conti, si tratta della mia libertà di parola…
Cristi: Ma Vaff…se ne fottono della libertà tua e di tutti quanti…te ne arrivi tu con ste’ cazzate…
Anton: Raga’, alla Rivoluzione un mio parente è morto per questa libertà…
[….]
Cristina: Oh, qui ci espellono e voi pensate alla Rivoluzione…

II. Professori

Paul: / se avessero avuto uno spazio per esprimersi liberamente…certo, controllato da un professore…una libertà sorvegliata…non saremmo arrivati a questo…
[….]
Anton: Dobbiamo dare un esempio…punire quello che ha avuto l’idea e ha istigato gli altri…
[…]
Paul: Io continuo a credere che una rivista umoristica sarebbe d’aiuto…gli diamo una certa libertà, loro sono contenti…e non si arriverebbe più a simili…carnevalate…e battibecchi…

III. Genitori

Maria: Lavoro dal mattino alla sera per mandarla a scuola, per non farle mancare nulla… e lei è così che occupa il suo tempo?
Călin: (si alza, tira fuori una mazzetta di banconote dal portafoglio) Questi bastano?
Cristina: Con quelli ci paghiamo anche i fuochi artificiali…
Călin: Per… la situazione…
Cristina: Vogliamo anche i fuochi artificiali? Cioè, se siamo tutti d’accordo…
Călin: Mettete qualcosa pure voi… ognuno quanto può…
Paul: E come glieli diamo?… La signora della cena? Se ne occupa lei?

IV. Attori

Maria: Il padre di Anton è morto alla Rivoluzione…all’aeroporto…Anton aveva quattro mesi…non l’ha mai conosciuto…
Paul: Alcuni credono davvero a questa storia della libertà di espressione…
Cristi: Per un istante, finché non gli prende la paura…
Anton: E allora…se ne tornano nella caverna…


Qual è la differenza nell’esprimere una libera opinione davanti a una birra o in un gruppo facebook? La tracciabilità. I social mutano le regole della vita relazionale, comunitaria, politica.
La Rivoluzione a cui fa riferimento Anton (studente) è quella del 1989, quando la popolazione romena rovesciò il regime dittatoriale di Ceauşescu, processandolo e giustiziandolo insieme alla moglie. La Romania fu l’unico Stato del Patto di Varsavia (l’alleanza militare stretta nel 1955 dai Governi comunisti del Blocco Sovietico) ad avere una transizione violenta tra dittatura e democrazia. Nel sistema valoriale di una banda di adolescenti, generazione nata dopo il 1989, il rischio di un’espulsione è più urgente della rivoluzione.
L’idea di una satira “controllata dall’alto” sarà suonata familiare alla platea romena di una certa età che ha assistito alla conversazione tra i docenti alla prima di Antisocial. Quando Paul (professore) dice che bisognerebbe concedere agli allievi e alle allieve una rivista satirica, non può non risuonare, ancora una volta, l’eco della dittatura di Ceauşescu. Come ogni forma di comunicazione, anche l’illustrazione umoristica divenne uno strumento di propaganda del regime. I professori e le professoresse se lo ricordano, insieme ai genitori erano probabilmente presenti a quel tempo e hanno interiorizzato alcuni modi di pensare e di risolvere un conflitto.
La corruzione dei genitori, inoltre, richiama quella della classe politica romena sul finire del governo del “Genio dei Carpazi” (così si faceva chiamare Ceauşescu per alimentare il proprio culto della personalità).
E gli attori? Ci svelano la loro verità. A quel punto rileggiamo tutti i discorsi degli studenti, dei professori e dei genitori alla luce di una nuova e sferzante prospettiva.
La Storia si ripete. Le persone non cambiano.

Antisocial per la regia di Bogdan Georgescu al Teatro Nazionale Radu Stanca di Sibiu nel 2016 (Photo: Tnrs Adrian Bulboaca)

Georgescu mette a confronto la generazione che ha vissuto la dittatura e quella che non l’ha conosciuta: che cosa è cambiato?
La struttura stessa della drammaturgia ci risponde: quasi nulla.
Sono sempre le stesse persone, gli stessi pensieri, lo stesso approccio nel risolvere le cose. I professori meditano un provvedimento disciplinare, i genitori propongono di corrompere i docenti con una mazzetta perché tutta la vicenda sia dimenticata e la stampa sia messa a tacere. Gli studenti sembrano gli unici a orientarsi verso la giustizia, arrivando a una conclusione condivisa: denunciare le scorrettezze dei professori e delle professoresse (tra cui abusi verbali e una relazione sessuale illecita) e fare, a modo loro, la rivoluzione. Vogliono rivendicare la loro libertà di espressione, perché temono che con l’introduzione del registro elettronico genitori e docenti si alleino per tenerli sotto osservazione tramite la condivisione dei dati sul loro rendimento – una soluzione che la Securitate, i servizi segreti della Romania comunista, avrebbe apprezzato.
Antisocial, però, non si conclude con un atto rivoluzionario, ma con una confessione e una stigmatizzazione sul web.
L’ultima scena è degli Studenti: schierati davanti a uno schermo, cantano l’inno internazionale della goliardia, il De brevitate vitae o Gaudeamus igitur, cantato dai clerici vagantes nel MedioEvo. Ma in questo contesto assomiglia molto, troppo, a un inno di regime. Vivat academia! / Evviva la scuola! Vivant professores! / Evviva i professori! Vivat membrum quodlibet; / Viva ogni membro; Vivant membra quaelibet; / Viva tutti i membri; Semper sint in flore. / Sempre siano in fiore.
Antisocial è un titolo dal duplice significato, come riporta Roberto Merlo nella sua traduzione del testo per il network di drammaturgia contemporanea Fabulamundi. Significa in rumeno “antisociale” e in inglese “contro i social”.
La società che mette in scena Georgescu è racchiusa in bolle generazionali, che non si incontrano e non dialogano. Sono segmenti di un’anti-società, che si confrontano in modo diverso con l’eredità politica della Romania nell’unico luogo possibile per il cambiamento: la scuola.
Ma, forse, non siamo ancora abbastanza lontani dalle caverne da cui siamo usciti.

Carlotta Pansa


Il testo, grazie al progetto Fabulamundi, può essere richiesto gratuitamente con una mail a [email protected]