“Io sono sicuro che il dramma della nostra vita, di solito, si nasconde nel convulso di una risata provocata da un’azione qualsiasi che a noi è sembrata comica. Sono convinto insomma che spesso, nelle lacrime di una gioia, si celino quelle del dolore. Allora la tragedia nasce. E la farsa, la bella farsa si compie”.
Con questa battuta spiazzante, e programmatica, Enzo Curcurù in abito da sera e in forma smagliante dà inizio al suo “canto d’amore” per Aristofane, commediografo ateniese di 25 secoli fa. Se n’è innamorato al teatro greco di Siracusa, recitando nelle commedie Donne al Parlamento nel 2013 e Vespe nel 2014. Quest’anno debutta all’Elfo nel monologo di Enrico Zaccheo, un one man show tragicomico e satirico, ispirato al moderno cabaret, capace di alternare Aristofane con autori moderni, mescolando riso e malinconia, sarcasmo e tocchi di burlesque. Già dal prologo è evidente la chiave di lettura dello spettacolo: far conoscere un autore comico politicamente ‘scorretto’, non leggero né disimpegnato, e prenderlo rigorosamente sul serio, per farne apprezzare il valore e la satira ancorché lontana nel tempo.
Sin dall’inizio viene sottolineato come Aristofane per quasi tutta la vita abbia sperimentato la guerra e sognato la pace. Sul pavimento vediamo scorrere immagini di soldati greci che combattono corpo a corpo, mentre una voce registrata ricorda la sanguinosa guerra del Peloponneso descritta da Tucidide. Agli echi di guerra Curcurù risponde subito vestendo i panni di Lisistrata, protagonista della commedia omonima (qui nella versione di Franca Rame oltre che nell’originale): una donna coraggiosa che ottiene la pace, contro ogni pronostico, usando l’unica arma a sua disposizione, lo sciopero sessuale. Dopo Lisistrata in un turbinio di scene riconosciamo i protagonisti delle commedie Donne alle Tesmoforie, Pace, Nuvole, Cavalieri: il versatile trasformista si destreggia in esilaranti ruoli di uomini, donne e transgender – Agatone il poeta effeminato, il mitico essere ‘androgino’ del Simposio di Platone – o dialoga comicamente con le voci fuori scena di antiche divinità (Zeus al telefono usa whatsapp mentre è imbottigliato nel Peloponneso) e di autori classici come Erodoto (di cui sentiamo solo la petulante segreteria telefonica, che sputa sentenze in pillole).
Foto Teatri Antichi Uniti
Curcurù dà il meglio di sé quando si sdoppia in vertiginosi dialoghi a due o a tre con se stesso: uno fra tutti quello con il suo alter ego ‘cattivo’ in video, che reinterpreta il Discorso Peggiore delle Nuvole in versione ‘milanese imbruttito’ con tanto di ‘velina’ procace al seguito. Sempre in video nel corso dello spettacolo appaiono veri titoli di giornali, che descrivono tragedie in modo involontariamente comico, o spezzoni di film interpretati da comici celebri, da Sordi a Franca Valeri. L’alternanza di scene con audio e video, musiche e travestimenti non indebolisce, ma anzi rafforza l’impatto dei testi originali, efficacemente trasposti nel presente e intercalati ad allocuzioni al pubblico, perorazioni accorate contro la guerra e per la pace, citazioni antiche e moderne (memorabile la descrizione di Mussolini firmata da Flaiano, o la definizione ‘ufficiale’ della satira ancora oggi disattesa, molti anni dopo i casi illustri di Biagi e Luttazzi).
La drammaturgia, la regia e l’interpretazione di Curcurù evitano accuratamente ogni rischio di cadere nel didascalico e nel moralistico, ma valorizzano la componente seria e perfino ‘dark’ della commedia greca: peraltro accentuata in altri allestimenti recenti (tra cui Uccelli di Tiezzi / Lombardi, Nuvole di Latella /Russo, Rane e Nuvole di Teatro Due, Dio Pluto di Ferrini). Lo spettacolo, con autoironia e intelligenza, persegue e raggiunge un obiettivo arduo: far conoscere, apprezzare o rivalutare un autore antico a un pubblico non necessariamente specialista o composto solo di liceali annoiati, ma anche eterogeneo o digiuno di teatro (antico e moderno) e alieno agli studi classici. Basti citare ad esempio gli studenti di istituti tecnici che hanno affollato e apprezzato la matinée del 12 aprile e il successivo dibattito, cogliendo il ‘black humour’ di Aristofane, facendo domande e parallelismi con equivalenti moderni (come alcune serie tv) o discutendo di temi importanti come la satira contro la religione e i suoi esiti nefasti (ad esempio l’attentato alla sede parigina di Charlie Hebdo). Il regista conclude il dibattito invitando gli studenti ad approfondire i temi toccati da Aristofane (ma anche altri autori e fonti), a farsi delle domande, a mantenere alta la guardia contro la censura, a difendere la satira e le voci ‘fuori dal coro’. E soprattutto assegna loro un ‘compito’ forse più importante: apprezzare l’arte di far ridere anche e soprattutto nei momenti più difficili, a livello personale o collettivo. Per questo Aristofane è paragonato nello spettacolo a Chaplin e a Totò: sono loro a ricordarci come la vita, se la vediamo in campo lungo, è una commedia, piuttosto che una tragedia vista in primo piano. Ed è proprio la voce di Totò a commuoverci nel finale con la sua “Preghiera del clown” che nasconde il pianto sotto la maschera del riso (dal film di Mario Mattoli, Il più comico spettacolo del mondo, 1953)
“Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa’ che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi. […] Guardaci dalle unghie delle nostre donne, ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, io li perdono, un pò perchè essi non sanno, un pò per amor Tuo, e un pò perchè hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.”
Martina Treu
Aristofane show!
con Enzo Curcurù
traduzione scenica e regia Enrico Zaccheo
visto al teatro Elfo Puccini, Milano _ 10-22 aprile 2018