Sontuosi abiti settecenteschi inaugurano il palcoscenico dell’Elfo Puccini in questa affollatissima anteprima di MilanOltre, organizzata in collaborazione con il festival MiTo. A indossarli però non c’è nessuno! I vestiti galleggiano sulla scena come ingombranti divinità, presenze vuote al cui cospetto i danzatori di Aterballetto si muovono in modo meccanico. I loro gesti sono secchi e scattanti, simili a mosse di arti marziali, oppure elementari, come se sul palco si stesse consumando una danza tribale, fatta però, in assenza di un sottofondo musicale, solo di rumori. È come se sotto l’egida degli abiti da ricevimento e l’ingombrante lascito di Bach nessun ballo potesse davvero avere luogo, nessuna musica riuscisse a essere suonata: ciò che accade sul palco è piuttosto il perpetuarsi di un continuo allenamento da parte di robotici burattini. È solo quando gli abiti spariscono alla vista, lasciando la scena spoglia e libera, che la danza può avere inizio.
La musica, una versione elettronica di Sarabande tratta dalla Partita in re minore BWV 1004 di Bach, irrompe sulla scena e sul palco non ci sono più rigidi automi ma performer flessuosi che esplorano l’elasticità dei loro corpi. È qui, sembra suggerire la coreografia firmata Jiří Kylián, in questa nuova dimensione più che in vetusti e inamidati abiti senza vita, che la musica di Bach vive, perché accetta di essere in scena per un pubblico di più di due secoli dopo da quando fu composta. Bach Project sembra allora dichiarare che la musica del compositore tedesco può vivere solo quando rinunciamo alla sua museale e filologica ricostruzione, quando gli impacciati tentativi di contestualizzazione si tolgono di scena, quando l’estro contemporaneo può servirsi senza soggezione dei capolavori del passato, quando…
Buio sul palco. Il flusso di supposizioni viene interrotto bruscamente. E ora ad essere illuminati sono solo i volti dei danzatori in un ritratto molteplice, enigmatico e inquietante al tempo stesso. Poi dalle loro bocche scoppia una risata incontrollata che schernisce ogni interpretazione e spezza il recinto logico e lineare a cui sembrava destinata la performance. È solo un attimo di furiosa allegria, in cui altrettanto improvviso si fa strada un pianto dirotto. Ora il pubblico lo sa: di ritmo o di senso, il fascino della sarabanda è un gioco di opposti.
Chiara Carbone
Sarabande
coreografia Jiří Kylián
musiche Johann Sebastian Bach Partita n. 2 in Re minore Sarabande (BWV 1004)
soundscape implementation Dick Schuttel
costumi Joke Visser
progettazione luci Jiří Kylián (concept), Joop Caboort (realizzazione)
supervisione tecnica luci/set Kees Tjebbes
scenografia Jiří Kylián
première AT&T Danstheater, Den Haag, 13 settembre 1990, Nederlands Dans Theater
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView