Un corpo steso a terra: non ha un contorno netto, le luci intorno lo rendono sfuocato, tanto che sembra sciogliersi sul palco, annullarsi. Lo si distingue solo per il respiro, così intenso che ci pare di sentirlo. Il petto si alza e si abbassa, le costole sporgono, i muscoli si tendono. Pochi minuti fa, quelle membra sono state spinte a terra in una toccante sequenza di lotta: quel corpo combatteva, solo, contro un mondo ostile, tornando ostinatamente in piedi nonostante le cadute violentissime e i continui, estenuanti, tentativi di rialzarsi. Ora quel corpo è lì, pare morto, la sua interiorità sembra del tutto compromessa; quei movimenti violenti lo hanno logorato, la sua personalità è stata schiacciata, abbattuta, offesa. Cosa ne sarà di lui? Bastard Sunday di Enzo Cosimi non allenta la tensione nemmeno per un istante, né concede di riprendere fiato: il corpo prende vita di nuovo, ma questa volta sembra intrappolato in una prigione invisibile. C’è un’espressività conturbante nel movimento di ogni cellula, dai capelli a ogni singolo muscolo, fino alle espressioni del volto. Il sorriso è inquietante: di quell’adolescente timido e ingenuo che era comparso all’inizio sulla scena col suo pallone, non sembra rimasto più nulla. Ora è solo un corpo totalmente esposto nella sua nudità: fragile e potentissimo, con la sua magrezza ostentata, la pelle tesissima sulle ossa in rilievo, è il ritratto perfetto del dolore. Un dolore senza vergogna o pudore. Che interroga, feroce, la memoria di Pierpaolo Pasolini.
Giulia Liti
Bastard Sunday
regia e coreografia Enzo Cosimi
da Pier Paolo Pasolini
interpreti Paola Lattanzi, Pablo Tapia Leyton
Visto a MilanOltre l’11 ottobre 2017
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView