Venezia_ 2-11 agosto 2013
A qualche giorno dalla chiusura della quarantaduesima Biennale Teatro, dopo circa due settimane di intensa attività redazionale per La Tempesta, la distanza facilita il giudizio. Una grande varietà di suggestioni e stimoli hanno travolto noi giovani critici impegnati a testimoniare quotidianamente le attività veneziane; un’operazione di selezione è pertanto necessaria per tracciare un percorso delle tappe fondamentali del Festival.
I due Leoni (d’Oro e d’Argento) non hanno deluso il pubblico. Romeo Castellucci ha presentato Natura e origine della mente, breve spettacolo frutto del laboratorio tenuto dal regista a Venezia. Un amalgama di influenze: da Spinoza (da cui il titolo) al Neoclassicismo pittorico, a Hölderlin (da sempre fulcro dell’ispirazione di Castellucci). Un’operazione visiva e visionaria che trasporta il pubblico in un mondo inesistente in cui la natura assume forme inconsuete: un cane miagola, gli attori hanno dodici dita e quattro gambe. Colpisce il rigoroso lavoro di sottrazione che realizza immagini pure e stranianti allo stesso tempo.
Di straniamento o meglio di totale stordimento si potrebbe parlare anche per Angélica Liddell, per quanto in maniera opposta. Se Romeo Castellucci è delicato e allusivo, ad Angélica Liddell si accompagna un’energia maleducata e esplosiva. El año de Ricardo è per eccellenza “Lo spettacolo di Angélica”: l’attrice-regista-autrice recita, balla, si ubriaca (di birra e della sua performance), pronuncia parole taglienti e poetiche. Un po’ Marina Abramovich un po’ Sarah Kane, sicuramente autocelebrativa.
L’ala più schiettamente politica di questa Biennale ha prodotto risultati di qualità ed efficacia opposti: da una parte Ostermeier con il suo teatro per la collettività presenta Ein Volksfeind un classico di Ibsen, attualissimo pur nella fedeltà all’originale. Gli interventi registici rendono lo spettacolo un vero capolavoro di semplicità ed equilibrio tra coinvolgimento diretto del pubblico, critica del quotidiano, influssi letterari e genuino divertimento. Dall’altra la compagnia Motus con Nella tempesta non riesce a superare la barriera della quarta parete, proponendo un’analisi della società un po’ semplicistica e pagando il coraggio di proporre uno spettacolo non ancora pienamente avviato.
Gli stili inconfondibili di Gabriela Carrizo insieme alla compagnia Peeping Tom e Jan Lauwers con la Needcompany si affermano con vecchi successi e nuovi spettacoli ricordando al pubblico che il teatro è cosa viva e intrinsecamente creativa. In entrambi i casi troviamo artisti dal talento poliedrico le cui abilità sono piegate al racconto di una storia, casualmente in tutti e due gli spettacoli ambientata in cittadine isolate. Un teatro che racconta con il corpo, nel caso della Carrizo, e con il canto, in quello di Lauwers, più che con le parole recitate.
Completamente di parola invece lo spettacolo di Àlex Rigola che presenta in prima assoluta El polícia de las ratas, gioiello del cileno Roberto Bolan͂o, mirabilmente messo in scena dagli attori seduti quasi immobili. Al regista catalano direttore della Biennale va anche il merito di aver radunato a Venezia non solo artisti di fama internazionale, difficilmente inseriti nei cartelloni italiani, ma anche più di 350 giovani (attori, autori, danzatori etc.) che hanno partecipato a laboratori e attività tenuti dai maestri di questa Biennale. Una vera e propria comunità ha invaso i ponti e le calli veneziane; a noi critici del La Tempesta il compito di renderne conto con uno sguardo il più possibile ampio, aperto, recettivo.
Camilla Lietti