Secondo Cristina Kristal Rizzo

Scegliere un solo spettacolo da tramandare ai posteri è pressoché impossibile, perché il passato ci appartiene e influenza costantemente il presente. Se i codici che abbiamo a disposizione per leggere il mondo sono sempre gli stessi, nei secoli ci sono state svolte epocali che hanno modificato il modo in cui questi codici vengono usati, perciò è difficile stabilire quale di queste modalità sia imprescindibile. Ciò premesso, se dovessi sceglierne uno, credo che la mia scelta ricadrebbe su Biped di Merce Cunningham del 1999, perché costituisce un ponte tra passato e futuro. In questo spettacolo per la prima volta si ragiona sulla dicotomia reale-virtuale: a muoversi contemporaneamente sul palcoscenico non sono solo corpi umani, ma anche corpi digitali, proiettati su uno schermo invisibile. Cunningham rivoluziona l’idea stessa di coreografia, riflettendo su un tema destinato a diventare centrale non solo nella danza, nel teatro (si pensi a Milo Rau) e nell’arte. In Biped c’è un continuo rapporto tra la concretezza e la virtualità del corpo come immagine in movimento, al punto che i due piani si intersecano, confondendosi; in questo Biped risulta estremamente attuale e imprescindibile.

a cura di Agnese Di Girolamo


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