Sul palco si addensa del fumo di scena, che sale fino ai livelli più alti della platea, e si accendono due fari, nel cerchio dei quali fluttuano due corpi come sospesi. All’accendersi di una terza luce una donna è seduta a uno scrittoio, mentre cerca di afferrare un bicchiere che sfugge alle sue mani. È da questa scena doppia, divisa tra realtà e surrealtà, che si sviluppa Bygones, firmato da David Raymond e Tiffany Tregarthen della compagnia canadese Out Innerspace Dance Theatre: un costante susseguirsi di micro intrecci che mutano rapidamente gli uni negli altri, sfidando la logica del reale attraverso illusioni scenotecniche e virtuosismi fisici. Il flusso narrativo non segue una trama definibile: il pubblico assiste a scene che riproducono gesti all’apparenza comuni, ma via via trasfigurati e dislocati in linee temporali incomprensibili, come in un sogno. L’atmosfera sul palco oscilla tra quella di uno spazio misterioso e quella di una concretezza più riconoscibile, quotidiana, contrassegnata da un tavolo, una sedia, un ombrello. 

A contribuire a questa divisione è anche il disegno luci di James Proudfoot – dai toni caldi nei momenti “quotidiani” e cupi in quelli durante i quali la realtà sembra trasfigurare – e le musiche di scena a cura di Kate De Lorme, che alternano suoni profondi, costanti e lontani a canzoni rockabilly e voci registrate. Una voce ripete «yes, I believe we’re about to begin» riempiendo le orecchie, mentre l’ombrello inizia a muoversi autonomamente per il palco e la sedia a roteare furiosamente su sé stessa, proiettando la propria ombra sulla platea. Le luci creano corridoi impenetrabili dai performer, intrappolati in gabbie di fumo scenico che cambiano forma e posizione, obbligandoli ad adattarsi alle nuove configurazioni spaziali. Progressivamente le gabbie si dissolvono e le luci cambiano, e persino i corpi mutano, danzando ora molto vicini tra loro, ora separati, ora con movimenti ampi e fluidi, ora con movimenti piccoli e ripetitivi, fino a sembrare creature estranee al mondo conoscibile. «Yes, I believe we’re about to begin»: le cose si mostrano mentre stanno per succedere, frenandosi appena prima del loro compimento, o forse, citando il titolo Bygones, non superando mai la condizione di essere già passate. Anche quando un danzatore trova sul palco uno spazio libero da impedimenti e incomincia a sviluppare una sequenza coreografica estesa, la forza dei continui cambiamenti di configurazione delle luci sceniche e delle musiche lo cattura di nuovo, rendendogli impossibile abituarsi alla sua condizione. Dunque un lavoro del 2019, creato in epoca pre-pandemica, affronta comunque quella ricerca del contatto interpersonale, quella sfida alla parte più inquietante della psiche, che hanno particolarmente caratterizzato i lunghi periodi di isolamento dello scorso anno, vissuti da ciascuno in modi e con effetti diversi. Bygones ne mostra le possibilità: dopo che il lavoro si chiude nel buio, lo spettatore può aver riconosciuto le proprie rincorse tra aspettative e delusioni, la sensazione di essere sempre ora intrappolato, ora preda del cambiamento.

 

Anna Farina

foto di copertina: Alistair Maitland

BYGONES
coreografia David Raymond, Tiffany Tregarthen
performers David Raymond, Tiffany Tregarthen, Elya Grant, David Harvey e Lavinia Vago
visual artist (Mixed Media Mask & Hand Design) Lyle Reimer (LyleXOX)
sound design Kate De Lorme
stagisti Aidan Cass, Zahra Shahab
disegno luci James Proudfoot
video design Eric Chad
costumi Kate Burrows
coproduzione Agora de la danse, Dance Victoria, La Rotonde
con il sostegno dell’Ambasciata del Canada in Italia


Questo contenuto è parte dell’osservatorio MILANoLTREview