di Enzo Cosimi
visto al CrtMilano_16-19 gennaio 2014

Chi studia storia delle arti performative sa di trovarsi davanti a un paradosso: quello di dover ricostruire ex post un evento nato per esistere solo nel ‘qui ed ora’ della rappresentazione.
Il progetto RIC.CI (ricostruzione della coreografia italiana) ambisce ad attivare un altro tipo di memoria: Marinella Guatterini ha curato la ricostruzione di alcune delle più importanti creazioni coreografiche degli ultimi trent’anni. Tra gli italiani, sono state coinvolte compagnie del calibro di Sosta Palmizi e Abbondanza-Bertoni. Ha rivisto la luce del palcoscenico anche Calore del coreografo Enzo Cosimi, una delle voci più importanti ed eversive della danza italiana degli anni ‘80. Lo spettacolo – che debuttò nel 1982 – precede al CrtMilano la presentazione di un nuovo lavoro (Welcome to my word, fino al 26 gennaio).

Quattro giovani interpreti (per lo più diplomati della Paolo Grassi) sono i protagonisti di un pomeriggio d’estate che ha il sapore di un’iniziazione: il bellissimo incipit è costruito di luci abbacinanti, rumore di grilli, secchi di limoni rovesciati sul palco, noia e attesa, canottiere bianche che lasciano vedere corpi che si risvegliano. Perché è proprio di un risveglio che racconta Calore: quello dei sensi, in un progressivo agitarsi, cercarsi, mostrarsi, bere, saltare la corda. Il movimento è esplosione di un’urgenza animale (non di rado gli interpreti si accostano gli uni agli altri a quattro zampe), è istinto allo stato puro, è liberazione ostentata di un sé che si teneva nascosto.
Ma a risvegliarsi in Calore è (era?) al medesimo tempo la danza stessa, che gettava via – proprio come i protagonisti – un’infanzia di movimenti educati e sorvegliati per conquistare un’adolescenza provocante e sensuale di energia non contenuta, di partiture che non dimenticano la tecnica ma che sono disposte a infangarla.
Oggi tutto questo lo diamo per acquisito, grazie a contributi fondamentali come quello di Cosimi; ma i seni scoperti, la cresta colorata di una delle due ragazze, le bottiglie di birra in scena, i lunghi baci etero e omo a susseguirsi come se l’urgenza del corpo altrui non fosse mai abbastanza appagata, hanno perso parte della loro potenza eversiva. Ed ecco perché – anche se la cura formale e il gusto di un’immagine pittorica sorprendono ancora oggi – trent’anni dopo Calore finisce per coinvolgere ed emozionare meno di quanto ci saremmo attesi.

Maddalena Giovannelli