Cannibali di Kronoteatro fin dalle primissime battute rivela la sua aria di sfida. Ad accogliere il pubblico nella Sala Bausch dell’Elfo Puccini è infatti un uomo vestito da barman che riceve gli spettatori con un sorriso beffardo e un’aria tutt’altro che servizievole. Alle sue spalle un grande schermo, lateralmente una console da deejay, mentre il resto della scena appare come un salotto borghese dal leggero retrogusto anni ottanta: due poltrone e, in primo piano, una maschera da robot-eroe e una spada laser che sembrano uscite da una saga cinematografica fantascientifica. L’uomo, alias Alex Nesti, presa posizione dietro la console, dà il via, tecnico e arbitro al contempo, a Cannibali primo capitolo del Dittico della resa (completato da Educazione Sentimentale) progetto-indagine sull’individuo in un mondo rapace, su un essere umano che di umano pare avere ancora ben poco. Cannibali è allora uno spettacolo diviso in quadri dove a essere rappresentato è il ritratto di una società iper-individualista, cinica, proiettata in un futuro per nulla rassicurante, dove, con ritmo geometrico e circolare, si svolge una lotta perpetua.

È quella tra due uomini – Maurizio Sguotti e Tommaso Bianco – e per estensione quella tra due generazioni (giovani e adulti) di cui i due sono (in)degni rappresentanti, come ben sottolinea sullo sfondo anche la video-animazione originale in stile manga ad opera di Fabio Ramiro Rossin in cui un eroe minuto si batte con un ipertrofico antagonista. Guidati dalle poche indicazioni del loro arbitro l’Adulto e il Giovane si vestono, lentamente, come guerrieri orientali in un ring contemporaneo, dove logore poltrone fanno da armatura a eroi macchiati e impauriti. Da un lato un potere maturo, politico, dall’altro una forza acerba, irriverente cercano di annientarsi. Eppure non è sempre stato così. In un breve antefatto onirico, sembra esserci stato un tempo, in cui i due vivevano un sogno di liberazione condiviso: sulle montagne della Sila il giovane e l’adulto recitano insieme, per un breve attimo, l’Infinito leopardiano. Ma è solo un miraggio, i sogni finiscono e la battaglia ricomincia.

Nel testo firmato da Fiammetta Carena e nella regia di Maurizio Sguotti non sembra esserci spazio per le sfumature: gli esseri umani non hanno scampo, o attaccano o vengono attaccati. Nelle loro azioni non c’è traccia di alcuna superiorità morale, né può esserci onorevole sconfitta o schiacciante vittoria. Il potere esercitato sull’altro è sì fisico e psicologico, ma a sostenerlo non sono né grandi sogni né profondi desideri: i due uomini in scena sono animali braccati e continueranno ad esserlo sempre. Incapaci di comunicare, di guardarsi negli occhi, le loro frasi scivolano nell’aria come le réclame che recitano, il suono monocorde di un televisore acceso in un’altra stanza. I Cannibali sono facce di una stessa medaglia: un essere che per poter sopravvivere deve farsi strada da solo in una giungla contemporanea di successo a ogni costo, prevaricazione, violenza e frustrazione. Sono i loro corpi a colpire lo spettatore attraverso pose meccaniche, prese da lottatori, movimenti sfiancanti: violenza e fatica non sono solo evocate, ma agite, si sentono, permeano l’atmosfera con aria di tragedia, che non riesce però a concedere ai personaggi una rotondità oltre a quella della maschera. L’ironia stessa stenta a farsi strada in questo groviglio di membra: non si ride anche quando un appiglio di umorismo viene concesso.

Con un occhio puntato al mito del self made man e l’altro a quell’homo homini lupus che ognuno ha in sé, Kronoteatro porge al suo pubblico una semplice domanda: “Hai mai pensato di fare quello che qui vedi?” Inchiodati da una rappresentazione inequivocabile, i cui personaggi sanno toccare la quotidianità di ognuno, gli spettatori si contraggono, cercando nel “dolce naufragar”, recitato quasi fosse una preghiera, una chiave per liberarsi dal peso di ogni possibile risposta. Ma quel naufragio, in un mondo spietato, non può più portare verso l’infinito.

Camilla Fava

Cannibali
di Fiammetta Carena
regia Maurizio Sguotti
in scena Tommaso Bianco, Alex Nesti, Maurizio Sguotti
Scene e costumi Francesca Marsella
Videoanimazioni Fabio Ramiro Rossin
Musiche MaNu!
Disegno Luci Amerigo Anfossi
Voci Registrate Licia Lanera, Riccardo Spagnulo

Visto al Teatro Elfo Puccini_11-13 maggio 2018