Andrea Lietti (1983) e Isabella Perego (1984) si sono diplomati entrambi alla scuola di Quelli di Grock. Dopo aver partecipato a molti spettacoli firmati dalla compagnia – da Amleto a Sogno di una Notte di mezza estate – sono ora in scena per la seconda volta al Teatro Leonardo Da Vinci di Milano con Caos remix, diretti da Valeria Cavalli e Claudio Intropido. Leggi la recensione
Caos è uno spettacolo storico della compagnia Quelli di Grock. Qual è stata la vostra prima reazione alla notizia della messa in scena di un ‘nuovo’ Caos?
Andrea: “Conoscevamo molto bene lo spettacolo da spettatori e soprattutto da allievi attori era “lo spettacolo” che avremmo voluto fare. Mai ci saremmo aspettati una nuova edizione fino a quando ci hanno comunicato che avrebbero fatto i provini per un nuovo cast di Caos. La selezione è avvenuta in due sessioni: eravamo circa venticinque persone. La sorpresa è stata al momento della comunicazione dei nomi selezionati: eravamo convinti che cercassero sei attori, come nella versione originale dello spettacolo, ma i registi hanno voluto allargare il cast e hanno formato un gruppo di cinque uomini e quattro donne”.
Difficile tornare sui passi di un allestimento dalla storia così lunga e fortunata? Troppe responsabilità?
Andrea: “Avere davanti i creatori/attori dello spettacolo non è stato sempre semplice, soprattutto se teniamo conto che la compagnia stessa è nata e si è formata anche grazie a questo spettacolo. Si trattava quindi di interpretare e ricreare, partendo però da un’idea già confezionata: un vero e proprio passaggio di consegne. Certo è stato emozionante vedere cosa facevano loro sul palco, prima di noi. Tutti i sei attori dello spettacolo hanno partecipato spesso alle prove per darci consigli e aiutarci ad entrare nello spirito di Caos: insieme ci siamo soffermati su ogni dettaglio. È stata un’esperienza bellissima: le prove sono state dure ma anche divertenti. Il gruppo si è mostrato da subito molto unito: tutto questo sul palco si vede e anche la risposta del pubblico è forte”.
Nonostante la forte continuità con la versione precedente lo spettacolo è cambiato. Qual è il contributo di voi giovani attori ad uno spettacolo collaudato già da tempo?
Andrea: “Caos è cambiato e forse sta cambiando tuttora: all’inizio ‘citavamo’ le parti dei nostri predecessori, poi, pian piano, le abbiamo fatte nostre. Caos però è rimasto quello che era, soprattutto nello spirito. Per quanto riguarda i veri e propri cambiamenti, innanzitutto è stata notevolmente ridotta la parte mimica. Nella precedente versione due attori storici di quelli di Grock – Andrea Ruberti e Alessandro Larocca – erano mimi professionisti quindi portavano un valore aggiunto. Noi ora abbiamo modificato queste parti in altri linguaggi o abbiamo messo parti mimiche di natura diversa. Anche il momento del giornale è completamente diverso. Gli attori di prima – molti erano ballerini – danzavano con i giornali. Ora gli attori leggono le notizie sempre più in fretta fino a perdere il senso letterale delle parole che diventano brusio, musica”.
Una delle peculiarità di Caos è il forte coinvolgimento del pubblico. Questo aspetto funziona molto anche con i più giovani.
Isabella: “Caos è una sorta di bombardamento di immagini che stimola l’immaginazione. Per questo forse colpisce in modo particolare i più giovani. La differenza fra mattinèe e serale è fortissima: per esempio è capitato che i ragazzi, quando noi attori siamo immobili sul palco, comincino ad urlare o quando giochiamo con l’acqua gridino di bagnarli o tentino di salire in palcoscenico con noi. La forza di Caos sta proprio nella capacità di risvegliare nel pubblico la voglia di giocare, di tornare bambino. Il tutto ovviamente rispetta una poetica precisa: la comunicazione fra l’attore e lo spettatore è guidata dalla regia”.
C’è anche un altro livello di interpretazione dello spettacolo: si è parlato spesso di Caos come metafora della società, dell’ordinaria follia del vivere quotidiano.
Isabella: “Caos propone diverse immagini della la vita di tutti i giorni entro cui le persone si muovono come automi: salgono e scendono le scale per andare al lavoro, aprono un’infinità di porte e le richiudono, senza pensare.
Le parole sono quasi tutte prese da un libro: Julio Cortazar, Storie di cronopios e di famas. Il libro è suddiviso in capitoli precisi: Istruzioni per salutare, Istruzioni per piangere, Istruzioni per salire le scale etc”.
Andrea: “E’ una sorta di la matematica degli atteggiamenti. Da questo è nata l’ispirazione: alcuni parti sono state impiegate direttamente per poi essere amalgamate con la parte fisica e coreografica che è in fondo quella più creativa della compagnia”.
Un aneddoto?
Andrea: “Gli aneddoti sono moltissimi, tanto che facciamo anche una classifica degli episodi più divertenti. Come in tutti gli spettacoli, c’è quello che succede nell’ora e venti sul palco e poi tutto il mondo intorno: la preparazione, i riti, il ritrovarsi. Questo, in fondo, è il teatro: è spostare la scala a e mettere le calze nelle scarpe prima di entrare in scena, è arrabbiarsi perché il catino dell’acqua non è nel posto giusto (catino che poi divertirà e farà sorridere la gente).
L’episodio più divertente? Sicuramente, durante il momento finale dell’acqua, vedere Andrea Battistella (uno degli attori) prendere uno slancio esagerato e planare in platea fino alla quinta fila”.
Camilla Lietti