Carlo Boccadoro, uno dei più importanti compositori e musicologi della scena italiana contemporanea, presenta a Tempo di Libri il suo ultimo libro, 12, edito da SEM, in cui intrecciando biografia e musica, porta il lettore alla scoperta di dischi poco conosciuti ma imperdibili. Direttore di Sentieri Selvaggi, progetto musicale ventennale attualmente in scena con otto concerti al Teatro Elfo Puccini, ci ha parlato del panorama musicale italiano e del suo modo di vivere la musica.
Lei ha scritto musica anche per il teatro. Cosa cambia rispetto a quando compone musica da concerto?
Cambia tutto. Quando scrivo per il teatro sono più vincolato, è un tipo di musica pratica mentre quella da concerto è assoluta. Quando si ascolta la musica di uno stesso compositore scritta per il teatro e scritta per un concerto, sembra di sentire due compositori diversi.
Quant’è importante per lei ascoltare generi differenti?
La musica classica è uno dei tanti generi che ascolto: non ho preferenze per un tipo di musica piuttosto che per un altro, ci sono periodi in cui ascolto solo rock, altri solo classica e altri ancora in cui mischio un po’ di tutto.
È influenzato da quello che ascolta?
Direi di no, a volte ascolto pop ma non è detto che componga musica di questo genere. Una cosa è ciò che ascolto e un’altra è la musica che scrivo.
Il suo stile di composizione è variato nel tempo, dal pop alla musica avanguardista e aggressiva, a cosa è dovuto questo cambiamento?
È dovuto al naturale passare del tempo: quando hai vent’anni ragioni in un modo, quando ne hai 50 ragioni in un altro, non è una cosa premeditata.
La stessa cosa quindi vale per il suo gruppo musicale Sentieri Selvaggi…
Certo, ormai sono vent’anni che suoniamo insieme. Agli esordi suonavamo in un modo diverso, ora abbiamo più esperienza, ci capiamo al volo senza dire tante cose e siamo sempre più uniti.
Ha parlato del suo nuovo libro nella giornata dedicata da Tempo di Libri a Milano. Come si inserisce questa città nel panorama musicale italiano?
Benissimo! Negli ultimi 7-8 anni Milano ha avuto una rinascita culturale, e ora ha le carte in regola per competere con Londra, Parigi e Berlino. Alcuni anni fa eravamo molto indietro, anche a causa di politici e assessori che si interessavano più che altro alle arti visive, invece adesso c’è molto interesse non solo per la musica classica, ma per tutti i generi: mi sembra un momento ottimo dal punto di vista musicale a Milano.
È possibile fare un paragone tra il panorama musicale italiano e quello statunitense?
Adesso non seguo moltissimo le novità italiane e americane. Il pop in Italia oggi non mi sembra niente di che, la situazione in America è un po’ meglio anche se non è che come negli anni ‘70-‘80 quando si poteva rischiare con lavori più avveniristici. Ora è tutto molto “di plastica”, anche perché le case discografiche devono stare attente ai costi: i dischi vendono sempre meno e quindi bisogna andare sul sicuro. Non è il momento di fare grande sperimentazione, quindi preferisco la musica di qualche anno fa.
Quale episodio tra quelli raccontati nel libro le è più caro?
Il capitolo che parlo con mio papà, perché ha che fare con gli animali e il disco sugli animali è il più curioso di tutti.
Annachiara Natoli e Eleonora Silvani
Questo contenuto è parte del laboratorio Fuori_riga, osservatorio critico su Tempo di Libri, a cura di Stratagemmi Prospettive Teatrali.