Nome e cognome
Chiara Ameglio.
Cosa ti rende indispensabile per Fattoria Vittadini?
La concretezza. Sono una persona molto diretta, porto grinta e forza.
Chi è il tuo maestro?
Maria Consagra: per tutto il lavoro sulle qualità del movimento legato all’emotivo, sulla costruzione dei character che arriva, non direttamente dal teatro, ma dalla ricerca profonda di una precisa qualità del movimento. Per tutto il lavoro su immaginario e corpo, che è molto utile per un danzatore. L’ho incontrata in Paolo Grassi e poi una seconda volta con Fattoria Vittadini. È stata importante per tutti.
Quale lavoro di Fattoria Vittadini ti rappresenta di più?
Forse Salvaje per la grinta nell’uso del corpo, per il tema del selvaggio e dell’aggressività che sono parte della mia natura e della mia danza. Mi è piaciuto il lavoro a terra, molto denso, come se fossimo dei gatti.
Cosa fai prima di salire sul palco?
Dipende dagli spettacoli. Ci sono volte in cui sto sdraiata al pavimento e cerco di non fare nulla, come in una sorta di meditazione, altre in cui uso una ninna nanna per calmarmi. Altre ancora in cui mi muovo a caso nello spazio. Poi ci sono casi in cui bevo della grappa. Per questo spettacolo [Salvaje ndr] è stato un muovermi a caso sul palco per tenere il corpo dentro la dinamica e non iniziare con l’ansia a ‘incriccarsi’.
Cosa c’è in casa tua che ricorda la danza?
In realtà non ho una casa, quindi è una domanda difficile per me! A casa dei miei genitori c’è un quadro che mi regalarono quando facevo danza da ragazzina. Ho sempre un portachiavi con la scarpetta, ma è più che altro la danza stessa che porto con me.
I primi 10 anni di Fattoria Vittadini… in 10 parole.
fratellanza, intesa, distanza, conflitto, investimento (nel senso che investiamo gli uni sugli altri), incontro, scontro, follia, legame.
a cura di Miriam Gaudio