Alcune volte il senso di spaesamento e incomprensione che percepiamo assistendo ad alcune performance di danza è paragonabile a quello che proviamo quando sentiamo parlare una lingua a noi ignota. Può piacerci la sua musicalità, ma se non ne conosciamo i vocaboli e la grammatica è spesso difficile accedere al significato di quello che stiamo ascoltando. Ecco perché la prospettiva offerta da uno studio teorico, storico e critico si può rivelare una chiave in più per accedere alla comprensione della danza: di quella che guardiamo se siamo spettatori, di quella che interpretiamo se siamo performers, di quella che creiamo e componiamo se siamo artisti.

Alessandro Pontremoli è uno studioso attivo nel campo degli studi coreologici, nonché docente di Storia della Danza all’Università di Torino; ogni anno, in occasione del festival MilanOltre, conduce una conferenza danzata dedicata a un periodo storico, o a un tema specifico. Questo formato incarna una prospettiva in cui la pratica e la teoria collaborano: è uno studio, un’esposizione orale riguardante la danza che si serve, come dice Pontremoli, di “diapositive viventi” in grado di mostrare e incarnare, di rendere visibile ciò che viene raccontato con le parole.

Quest’anno torna in scena Il Leoncello, una compagnia dedita alla ricostruzione di danze dal medioevo al XVIII secolo, che ci trasporta nelle danze sociali ottocentesche, come la quadriglia e il valzer. Pontremoli ci aiuta ad entrare nei dettagli storici e nella concezione culturale sottesa a queste danze, coadiuvato da Ornella Di Tondo – musicologa, ricostruttrice, danzatrice e insegnante di danza etnica e storica – che introduce il paragone tecnico con il filone indipendente, seppur contemporaneo, della danza teatrale. Grazie a Marella Gamba, danzatrice classica e moderna, abbiamo occasione di confrontare alcuni esempi di tecnica classica e barocca, potendo notare l’evoluzione estetica del materiale danzato.

Dopo un excursus sulla nascita della danza teatrale, Gamba affianca Pontremoli nel rendere visibile il cambio di concezione dall’epoca classica alla nascita della danza moderna, con la conseguente trasformazione di modelli estetici e paradigmi di riferimento, fino a giungere alla rivoluzione rappresentata da Martha Graham, di cui vediamo un estratto coreografico danzato dalla stessa Gamba. In chiusura lo studioso si sofferma sui “paesaggi della danza contemporanea”, definiti così prendendo a prestito un termine di Gilles Clément. Di questi paesaggi, vediamo alcune sequenze coreografiche interpretate da Marella Gamba (è il caso della Sagra della primavera di Raphael Bianco) o proiettati in video (Your Girl di Alessandro Sciarroni, con Chiara Bersani e Matteo Ramponi). Se nel primo caso possiamo notare la riconoscibilità di quella danza che, nonostante un tempo fosse d’avanguardia, oggi è nel repertorio stabile di molte compagnie, il secondo è ancora contraddistinto da tracce, citazioni di un approccio classico e modern ma è alla ricerca di un linguaggio più autonomo, frutto della personalità stilistica del coreografo. Con la performance di Sciarroni, la riconoscibilità estetica è totalmente abbandonata in favore di un concetto nuovo di danza, che non preveda più il movimento come essenza prima ma che si ibridi di output provenienti da altri linguaggi artistici o altre forme espressive. Alessandro Pontremoli approfondirà il terzo paesaggio della danza contemporanea durante l’edizione 2022 del festival, in una monografia dedicata alle Variazioni Goldberg di Bach nella lettura che di esse hanno offerto tre coreografi: Virgilio Sieni, Anne Teresa de Keersmaeker e Steve Paxton.

Nonostante la conferenza sia finita oltre l’orario previsto, gli spettatori erano affamati di altre conoscenze. Che l’approccio sia solo teorico, che sia misto o che sia stato finora esclusivamente pratico, questo modo di studiare e di conoscere la danza rende più ampia la conoscenza di processi estetici e storici complessi e stratificati; la comprensione del suo linguaggio richiede un continuo dialogo tra la sfera teorica e quella pratica: come danzatori e studiosi, finanche come spettatori, la conferenza danzata si rivela uno strumento d’eccellenza per costruire quel vocabolario che ci permette di cogliere maggiori significati, e immergerci meglio in quello che la danza vuole raccontare.

Shahrzad M.

foto di copertina: Stefano Tuzzato


Questo contenuto fa parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview