di Riccardo Giacconi
basato su un testo di Guido Tallei
produzione Frac Champagne-Ardenne, Centrale Fies Augmented Residency
visto il 2 agosto 2015 nell’ambito del festival Motherlode, Centrale Fies
Centrale Fies, un anno dopo. Riccardo Giacconi, vincitore dell’edizione 2014 di Live Works, torna a Dro come membro della scuderia dei “big”. Nella sua indagine Giacconi affronta il tema della lingua come dispositivo di comunicazione segnato in senso diacronico, un medium mai neutro né scontato, ma che anzi offre molteplici occasioni di riflessione. Se nel primo lavoro (“Il nonnulla”, 2014) Giacconi indagava la dimensione della traduzione, in “Controvena” l’attenzione si sposta sul concetto di memoria. Da due anni, infatti, l’artista sfrutta il patrimonio di ricordi della sua famiglia come materiale grezzo dal quale partire per i suoi studi performativi. La figura che lega e determina il suo percorso di ricerca è quella del bisnonno, Guido Tallei, uomo che per ragioni anagrafiche ha attraversato alcuni dei periodi più significativi della storia italiana e che ha lasciato numerose tracce di sé.
Gli appunti per una lettera indirizzata a Mussolini sono la base drammaturgica dalla quale Giacconi parte, decidendo di esplorarne le potenzialità espressive ma riducendo all’osso qualsiasi elemento altro dalla lingua. Abolito quindi il corpo umano, restano solo la voce – e la luce – a dare concretezza alle parole. Una voce femminile dall’accento esotico restituisce con immediatezza la potenza dell’esperienza di vita, mentre una luce intermittente diretta negli occhi degli spettatori ne scandisce i ritmi della presenza-assenza. Altre luci e altri rumori intervengono a spezzare la registrazione: le eliche di una macchina volante, lo scoppio di una granata, il meccanico bip di un monitor di ospedale. L’attenzione sta tutta nella straordinaria forza che una lettera riemersa da un vecchio baule riesce a sprigionare intorno a sé. Dopo l’ultima, apocalittica immagine, un faro si accende a illuminare un tavolino a lato della scena, invitando il pubblico ad alzarsi per indagare e, quindi, stupirsi.
Uno spettacolo che è un’installazione, ma che presuppone una vita presente e palpitante prima e oltre la voce registrata: una vita che si fa presenza tangibile e gode della presenza dello spettatore. Giacconi ha il merito, con questo spettacolo, di coniugare una grande pulizia stilistica con un forte interesse a scavare nell’umanità senza finzioni. Nuoce senza dubbio alla fruizione (ed è un peccato) l’orario decisamente notturno: se l’atmosfera ne guadagna, limita la concentrazione e la disponibilità del pubblico a capire un’opera non facile.
Chiara Marsilli