Ritrovatasi in una stanza con altri sconosciuti, una donna scopre di essere intrappolata in un gioco pericoloso. Tenta quindi di comprendere il motivo della sua presenza in quel luogo e come poter uscirne: in poche parole questa è la trama di Breathing Room (2008), il film horror-mistery diretto da John Suits, che per un omonimia di titolo, evoca l’esperienza a tratti simile, ma in questo caso irripetibile, della performance ideata da Salvo Lombardo. L’artista associato a MILANoLTRE, è accompagnato in scena da Chiara Bersani (performer, autrice e Premio Ubu 2018) che, come a inviarci rimandi e suggestioni prima del suo debutto, condivide sui social proprio la locandina del film.

Portando avanti un approccio cross-mediale e, come racconta Lombardo, «respirando negli interstizi tra danza, teatro e arti visive», lo spettacolo cerca di disattendere alle gerarchie di linguaggi e generi: un’azione partecipativa intesa come un formato d’arte relazionale, nella quale i performer si trovano a ricevere delle scommesse, disseminate come “trappole”, come dispositivi che inevitabilmente influenzano il loro agire.

Breathing Room, performance che nasce dal desiderio di creare un varco temporale dilatato nelle frenetiche accelerazioni produttive della contemporaneità, invita a entrare nello spazio performativo a riprendere fiato. Cosa muove il respiro tra le cose? Cosa accade nel “tra-spirare”, lo spiraglio tra il prendere e il dare, tra il rubare pezzi di mondo e rilasciare fiato al mondo in pezzi? Partendo da una riflessione avviata con la Lavanderia a Vapore di Collegno sul valore politico del respiro, Lombardo dà forma a una zona di ossigenazione. Nella perdita di controllo sull’atto di respirare, il performer si predispone all’ascolto, osservandone la meccanica, l’anatomia, la fenomenologia e la valenza simbolica. 

foto @Maria Giorgi

La performance, «un unicum non riproducibile, senza prove, anteprime né repliche future», diviene un’esperienza percettiva in cui ci si avventura in un luogo-tempo perimetrato relazionalmente, nel quale far confluire le proprie emozioni estemporaneamente. Un atto di reciproca cura che coinvolge ogni vulnerabilità sonora, luminosa, espressiva, fisiologica e motoria.

Chiara Bersani emerge gradualmente, decidendo in tempo reale come agire, guidata da suggerimenti trasmessi tramite auricolari a conduzione ossea, percependo vibrazioni all’orecchio interno. In questo modo, sente la voce di Lombardo, diffusa anche al pubblico come un’installazione sonora ambientale. Sul suolo in silenzio e con luci soffuse, si osserva già dall’ingresso, da un lato la performer e dall’altro l’autore, distanti tra loro. Come una pratica guidata, che conduce a lasciar andare le preoccupazioni, si chiudono gli occhi, mantenendo allo stesso tempo uno sguardo attivo al circostante, condiviso con una pluri-unicità di presenze, allo scopo di intercettare il respiro e a stare in esso. «Essere in contatto con un corpo diverso da noi che condivide la stessa condizione umana, meditare e decidere di guardare dentro se stessi per non aggiungere violenza alla violenza presente nel mondo è assolutamente un gesto politico» per dirla con le parole di Chandra Livia Candiani da Il silenzio è cosa viva da cui Lombardo trae la drammaturgia di questo lavoro.

foto @Maria Giorgi

Bersani, appoggiata al muro, distesa a terra o accovacciata su se stessa, si intravede all’orizzonte circondata dal pubblico che si staglia come un paesaggio fatto di isole e alture. Inizialmente appena visibile, mantiene sempre il contatto con il suolo scivolandoci sopra, a tratti scomparendo tra corpi, per poi riapparire inaspettatamente, articolando le braccia, simili ad antenne connesse a ricercare la prossimità. Sibilii, sospiri, sorrisi, scambi di sguardi, evocano in lei un sottile preludio quasi alla sospensione dal suolo, un sonoro che chiama ripetizioni di movimento, stati di accelerazione, estasi e liberazione sensoriale. Al termine della performance, mi confida: «È stato tutto un oscillare tra il senso delle parole espresse da Salvo, momenti in cui incontravo le persone in cui la voce mi arrivava più materica, e altri in cui mi scivolavano addosso con una temperatura diversa».

La partecipazione di Chiara Bersani al lavoro di Lombardo si inserisce perfettamente nel percorso artistico della performer che afferma nel suo manifesto come già dichiarava in un’intervista pubblicata del 2019: «Ciò che mi muove sono alcune domande, che mi piacerebbe diventassero collettive. I miei lavori sono un tentativo di sentirmi meno sola nei dubbi, nelle incertezze e nelle domande, legate specialmente ad un corpo “non conforme”, non ne intendo soltanto uno legato alla disabilità, ma mi riferisco a tutti i corpi non accettati, in generale. E il mio corpo viene ascoltato più di altri, quindi mi piace pensare che parli a nome di tutti quelli non ascoltati». Un corpo, quello di Chiara, da maneggiare con cura a causa della sua fragilità ossea, le ha dato una profonda consapevolezza delle sue capacità «la fragilità per me è un concetto relativo: se la conosci bene, conosci i suoi limiti e impari ad usarla».

Se lo scorso giugno, Breathing Room di Lombardo, presentato a Quasi Solo Festival alla Fabbrica del Vapore di Milano, l’ospite era la performer Annamaria Ajmone, che persuadeva e incitava lo sguardo del pubblico; il giorno seguente alla perfomance di Chiara Bersani, un’altra stanza “prendeva respiro” a FAROUT Festival di BASE con Silvia Calderoni (attrice, performer, attivista). Qui, un’altro corpo-pubblico si è rigenerato in un luogo simbolo della moda italiana: l’Armani/Silos. Calderoni, inspira/espira al sentire, al tocco, al riempire i vuoti spaziali con istinto irrefrenabile, alterna momenti di decelerazione e introspezione, a occhi chiusi e aperti, a gesti che aumentano la tensione muscolare, disarticolando l’espressione del viso. Il suo spaziare, annusa il suolo/pubblico cercando nell’attrito la fuga, come se volesse penetrare le superfici: punti di contatto/calore tra lei e corpi, pareti, pavimento, quasi a fondersi con esse fino ad abbandonarsi completamente.

Mentre lo sguardo tra il pubblico e Bersani si muoveva su un piano orizzontale ravvicinato, dilatando il respiro, la sua contemplatività statica e il suo sfiorare l’altro permetteva di appoggiarsi senza il tocco in un’esperienza rivelata sensitiva; Calderoni, con uno sguardo assuefatto esplorava una dinamica verticale, oscillando tra momenti che incitavano al contatto fisico con l’altro, in un susseguirsi di azioni corse a riscoprire un’intimità oltre la pelle. Entrambe, nella loro autenticità, sia a un’estrema vicinanza sia lontananza dal pubblico, hanno restituito un “essere-adesso” cauto ma trepidante. Breathing Room è una testimonianza dalle molteplici sfaccettature, in cui performer diventano co-authors, attraversando il respiro in varchi spazio-temporali co-abitati in un mondo frenetico e alienante.

Giacomo De Luca

 


in copertina: foto di @Maria Giorgi

BREATHING ROOM
ideazione, testi, voce e ambiente  Salvo Lombardo 
drammaturgia ispirata a Il silenzio è cosa viva di Chandra Livia Candiani
parole in forma di dono di Fabio Acca, Michele Di Stefano, Carlo Lei, Cristina Kristal Rizzo, Alessandro Sciarroni, Alessandro Tollari
con la partecipazione di Chiara Bersani
featuring (in o.a.) Philippe Barbut, Marta Ciappina, Marco D’Agostin, Nicola Galli, Silvia Gribaudi, Matteo Marchesi, Francesca Pennini, Cristina Kristal Rizzo, Irene Russolillo, Daniele Ninarello, Alessandra Cristiani, Vincent Giampino, Silvia Calderoni.
sound design Fabrizio Alviti
citazioni musicali da Ira di Iosonouncane
produzione Chiasma
con il sostegno di Lavanderia a vapore di Collegno
con il contributo di MIC – Ministero della cultura 
anno 2022


Questo contenuto è esito dell’osservatorio critico dedicato a MILANoLTREview 2024