Il pubblico è in piedi e, come una folla di guardoni, circonda la scena dove si muovono i corpi nudi di Matteo Sedda e Lino Bordin. I due perfomer si illuminano a vicenda con la torcia di un cellulare, come due esploratori che indaghino la dimensione erotica e problematica di un rapporto omosessuale.

Quella tra i due, si capisce minuto dopo minuto, è infatti una relazione di prevaricazione, eppure è raccontata con inaspettata grazia: uno scontro intimo fatto di gesti misurati, senza urla o azioni impulsive, una violenza e una sofferenza sublimate, che rimandano, nella loro sfigurata compostezza, alle opere di Francis Bacon o ai ritratti di George Dyer.
Nella seconda parte il fuoco si sposta: non è più il rapporto di coppia al centro dell’azione violenta ma quello tra omosessuale e società. I performer abbandonano la sala per dare spazio a proiezioni video e ad alcune interviste audio: voci e testimoni diversi raccontano con semplicità le esperienze personali (prevalentemente sessuali) che hanno caratterizzato il proprio percorso identitario. Contro una società retrograda e crudele, incapace di capire, si promette un’utopica rivoluzione, mentre i toni naïf della rivendicazione stemperano l’intensità innescata dal quadro iniziale. Ma il recupero di una forte carica poetica è presto affidato alla danza, col commovente passo a due finale: l’arte è ancora un posto sicuro dove vivere la propria condizione, qualunque essa sia.

Francesca Verga

Corpus Hominis
ideazione, regia, coreografia e suono Enzo Cosimi
interpreti Matteo Sedda, Lino Bordin
produzione Compagnia Enzo Cosimi, MiBACT
Visto a MilanOltre il 14 ottobre 2017

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