Uno spettacolo coraggioso; ho apprezzato molto che ci fossero delle vere interviste e dei video che mostrassero il mondo omosessuale per quello che è. È uno spettacolo che non si limita a essere arte perché l’aspetto di denuncia sociale è molto forte ed evidente.
Massimo, 43 anni, designer
Quello dell’omosessualità non è un tema facile da affrontare; ho trovato lo spettacolo molto sincero e concreto. Grandiose le immagini dell’inizio, ho apprezzato molto l’illuminazione che distorceva molto la percezione dei corpi nello spazio.
Sara, 27 anni, dottoranda
La presenza fisica dei due danzatori era straordinaria; c’era un’inquietudine notevole nel loro dialogo: uno osservava l’altro, poi gli girava intorno, si davano fastidio vicendevolmente. All’inizio il danzatore giovane mostrava all’altro con un cellulare un video porno di cui si sentivano i suoni. Così facendo gli illuminava il volto, dandogli fastidio, ma alla fine si vedeva come l’altro ne era rimasto ipnotizzato! È stato un momento molto forte che denuncia chiaramente l’uso che facciamo oggi della pornografia e della tecnologia.
Michele, 52 anni, insegnante di disegno
È uno spettacolo che ha qualcosa da dire: non si limita a mostrare la bellezza e la poesia, ma mostra anche la violenza, la vecchiaia. Spesso il corpo nudo a teatro è auto-celebrativo: vengono mostrati corpi giovani, potenti e muscolosi. Qui è mostrato il dialogo tra un giovane e un anziano: la nudità in questo caso era scioccante ed espressiva, rendeva il dialogo drammatico.
Lucrezia, 23 anni, studentessa
Niente di diverso da una performance degli anni Settanta. Quando i danzatori sono usciti e ci hanno lasciati lì a vedere dei video, mi sentivo un po’ presa in giro. Sono rimasta fino alla fine per vedere se sarebbe successo qualcosa, ma non è successo niente: solo una vuota critica alla società.
Sylvia, 61 anni, ex danzatrice
Uno spettacolo pieno di sofferenza, forse troppa. Certamente sincero: raccontava aspetti reali dell’omosessualità, ma era davvero troppo tenebroso.
Bruno, insegnante, 59 anni
Ho apprezzato molto la prima parte (piena di sensualità ed erotismo) che però è stata come interrotta: non è stata portata fino al suo apice. Ho avuto l’impressione che non ci sia stato il tempo perché tra i danzatori si instaurasse un vero rapporto, fatto di climax e rotture. Si è voluto affrontare il tema in modo dialettico, ma, personalmente, avrei preferito che i performer continuassero a danzare.
Roberto, 38 anni, traduttore
A cura di Francesca Verga
Corpus Hominis
ideazione, regia, coreografia e suono Enzo Cosimi
interpreti Matteo Sedda, Lino Bordin
produzione Compagnia Enzo Cosimi, MiBACT
Visto a MilanOltre il 14 ottobre 2017
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView