Il palloncino protagonista di Scoppiati è incastrato in una routine che di giorno in giorno si rivela sempre più insensata e difficile da sostenere. Dapprima pieno di vita, con il passare del tempo P. inizia a far fatica a sollevarsi, a trovare una ragione in quello che fa: in pratica, a vivere. Le soddisfazioni sul lato professionale mancano e anche nella vita privata non c’è niente che modifichi le sue sorti, fino a quando l’entrata in scena di una bellissima lei non sconvolgerà la sua vita.

Scoppiati, lo spettacolo di Giacomo Occhi diretto da Beatrice Baruffini, con le musiche e i suoni di Andrea Ferrario, porta allo spazio Magnete del quartiere Adriano la vita, e i suoi passaggi fondamentali, attraverso vari oggetti, agiti dallo stesso Occhi. Prima monade, poi in coppia e poi in famiglia, Palloncino si trova a sperimentare la mancanza e la vicinanza e a reinventare sé stesso davanti alle avversità della vita.
Quello che più colpisce di Scoppiati è il continuo rimando metaforico, il lavoro sul doppio livello concreto e astratto che avviene sul palco. Palloncino ci racconta un mondo diverso dal nostro e allo stesso tempo sovrapponibile. Sono molteplici i momenti in cui la forza stessa dell’immagine si rivela nella scelta degli oggetti che vivono sulla scena e diventa ancor più forte e comprensibile . È il caso della scena degli spilli, dell’umiliazione e della discriminazione alla lavagna o di quella del volo. La ricerca di Occhi e Baruffini, in questo senso, coincide con una poetica dell’oggetto come strumento di ricerca veridica e di grande potenza comunicativa. 

La tecnica e la padronanza degli strumenti del mestiere di Occhi rende il lavoro ricco di profondità: basti pensare alla difficoltà di manovrare oggetti così piccoli ed espressivi che, al minimo movimento sbagliato, potrebbero assumere connotazioni e sensi diversi, travisando completamente scena e significato. Scoppiati sembra giocarsi tutto in un equilibrio tra oggetti e ritmo, tra tempi d’attesa e battuta: è, sì, uno spettacolo d’azione e non di parola, ma sarebbe erroneo considerarlo uno spettacolo senza suono. Questo aspetto tecnico, curato da Ferrario, diventa uno degli elementi che più contribuiscono a veicolare il senso delle scene. Onomatopee e musiche sono infatti le chiavi d’accesso per un pubblico non sempre avvezzo a questo tipo di ascolto e a una visione diversa, senza parola. Il suono, insomma, ha una funzione anche strutturale: serve per i cambi di scena e per rendere l’atmosfera famigliare e comprensibile in ogni suo passaggio, oltre a essere veicolo e strumento della storia.

Questo moltiplicarsi di piani è evidente sul piano registico, che appare tripartito: Baruffini dirige Occhi, che a sua volta dirige da molto vicino i suoi attori-oggetti, con i quali ha un rapporto intenso e poetico ma da cui prende le distanze differenziando i momenti in cui li agisce e i momenti in cui è lui stesso a recitare. Sono loro inoltre i veri protagonisti, lui è al loro servizio: la scena rimane concentrata sui palloncini. La scenografia, infine, realizzata su misura per lo spettacolo riadattando oggetti di uso quotidiano, riesce con semplicità e minimalismo a far intravedere un intero mondo di affetti, quotidiano e simbolico allo stesso tempo. Data l’assenza di una partitura verbale e visti i molteplici piani su cui si muove, Scoppiati si configura come un lavoro poliedrico, facilmente comprensibile ed esportabile, uno spettacolo per tutti (anche per bambini), durante il quale ammirare le gioie e i dolori di una vita straordinariamente ordinaria. 

Camilla Jasna Grossi


SCOPPIATI
di e con Giacomo Occhi
regia di Beatrice Baruffini
musiche e suono di Andrea Ferrario
produzione Giacomo Occhi
distribuzione Teatro Gioco Vita

Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2022