Sei ragazzi scherzano e giocano tra loro al ritmo di delicate note mozartiane. Un paio di jeans e una camicia, un vestito dai colori pastello completano il clima di serena spensieratezza di una normale serata tra amici. Ma uno di loro, pur muovendosi all’unisono con gli altri, ha lo sguardo assente e vagamente turbato: si allontana dal gruppo e viene a sedersi proprio di fronte a noi, in un angolo del palco. Che cos’ha in testa? La risposta non tarda ad arrivare, anzi, a materializzarsi letteralmente davanti ai nostri occhi. Di colpo siamo infatti catapultati dentro il suo cervello dove è in corso uno scontro animato e violento. Da una parte la Ragione, che avanza fino al centro della scena con movimenti tecnicamente perfetti, secchi e robotici, cadenzati dal suono stridente delle scariche neuronali. Dall’altra i Pensieri, contro il cui irrompere convulso cede ogni tentativo di lucido controllo. “Who am I? Why I exist?”. Le domande che ossessionano il protagonista si ripetono con un ritmo sempre più martellante, mentre il girotondo di corpi che si inseguono si conclude con l’uccisione della Ragione. Il protagonista è adesso solo in scena. O almeno così sembra. Dietro la sua schiena si affacciano quattro figure inquietanti, come tentacoli pronti ad avvinghiarlo. Fear. Anxiety. Fury. Loneliness. I loro nomi si annunciano sempre più insistentemente e, intanto, un neon blu traccia un ring al cui interno sta per prendere vita una lotta senza scampo. Gli stati mentali attaccano, ognuno con il proprio temperamento, andando a comporre un affresco turbinoso e coinvolgente. Poi d’un tratto tutto si ferma. Un respiro affannoso copre il vuoto prima di una macabra risata. Le quattro carnefici contemplano severe lo spettacolo della follia.

Hanno ottenuto il loro scopo. Ma gli spettatori non si sono ancora liberati del tutto di loro. Ansia travalica i confini di Delirium, per invadere lo spazio scenico di Alchimia. Con la differenza che adesso va a monopattino. Non è più il sentimento devastante di prima, ma quella sensazione elettrizzante che presiede ai preparativi per il primo appuntamento. Nessuno dei più tipici e prosastici retroscena manca: dalla sigaretta accesa per ingannare la tensione, all’estenuante lotta femminile contro i peli di troppo, all’insolubile dilemma tacchi/ all star. E finalmente il momento del primo incontro, quando l’imbarazzo guida inesorabilmente le labbra alla guancia sbagliata. Il pubblico si riconosce e ride. La stessa leggera ironia non abbandona la scena nemmeno quando gli abiti dal colore abbinato suggeriscono che ciascuno dei sei personaggi ha trovato la sua dolce metà. L’abisso della pazzia è ormai un ricordo lontano. Eppure, sebbene ispirino emozioni quasi opposte, le due coreografie si armonizzano perfettamente tra loro. Forse perché il complicato mestiere della vita non è altro che questo: controbilanciare il suo insostenibile peso con un po’ di leggerezza.

Chiara Casiraghi


Delirium
interpreti Fabio Saglibene (protagonista), Benedetta Montefiore (la Paura), Viola Vicini (l’Ansia), Greta Giacon (la Rabbia), Agnese Di Clemente (la Solitudine)
musiche Mozart, Alberto Nanetti
effetti sonori Salvatore Distefano
scene Sara Rossi
luci Valerio Tiberi
proiezioni Michele Canevari
costumi DellaLò Milano
in collaborazione con Jas Art Company

Alchimia
interpreti Andrea Crescenzi, Federico Fresi, Francesco Mascia, Benedetta Montefiori, Agnese Di Clemente, Greta Giacon
musiche Mozart, The Swingle Singers, Daniel Pemberton, Ulrich Roth
scene Sara Rossi
luci Valerio Tiberi
proiezioni Michele Canevari
costumi DellaLò Milano

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView