regia Anna Dora Dorno
drammaturgia originale Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola
visto presso il Teatro delle Moline, Bologna _11-14 febbraio 2016
in replica al Teatro Elicantropo di Napoli_ 10-13 marzo 2016

Gli Instabili Vaganti sanno tener fede al loro nome. La compagnia, fondata nel 2004 da Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, ha appena concluso un lunghissimo tour intorno al mondo e sta già programmando i prossimi viaggi.
La prima tappa del #worldtour2016 è stata l’India con Stracci della memoria – Il rito, uno degli spettacoli culto della compagnia, presentato in una nuova versione in inglese. Sarà quindi la volta di Napoli, dove verrà messo in scena l’ultimo lavoro, Desaparecidos#43.

Lo spettacolo prende spunto dalla drammatica vicenda del 26 settembre 2014 a Iguala, in Messico: un gruppo di studenti della scuola di Ayotzinapa viene intercettato dalla polizia e 43 di loro scompaiono nel nulla. Il fatto genera immediatamente un movimento di sollevazione popolare che si scaglia contro il muro di silenzio e false verità del governo di Città del Messico. Una terra, quella messicana, tristemente abituata alla piaga dei desaparecidos, ma che i fondatori della compagnia bolognese hanno imparato a conoscere e amare nel corso del progetto internazionale Megalopolis, nato nel 2012 proprio a Città del Messico. «Non siamo potuti restare indifferenti ai racconti dei nostri colleghi, amici e allievi che hanno preso parte alle manifestazioni che in tutto il Messico si sono susseguite per chiedere giustizia per i 43 studenti scomparsi», raccontano Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, «abbiamo temuto per la loro incolumità mentre seguivamo i sequestri e gli arresti messi in atto dal governo contro chi protestava».

Da questo interesse è scaturita la necessità di raccogliere testimonianze e racconti riguardanti la vicenda, materiali poi confluiti in una drammaturgia multiforme e composita. La scrittura bilingue – italiano e spagnolo – restituisce con forza la molteplicità di voci degli studenti messicani e delle famiglie degli scomparsi, e rivela il profondo legame con la terra che l’ha generata.
Lo spettacolo inizia come un rito, con la luce soffusa di alcune candele a illuminare la scena. Cinque attori danno il via alla narrazione celebrando un funerale senza corpi che, allo stesso tempo, prende la forma di un rituale collettivo perché la scomparsa dei 43 studenti non sia accaduta invano. La dolorosa conta delle vittime viene replicata in più modi, alcuni figurati – come l’esposizione di alcune magliette che si macchiano di rosso in modo sempre più evidente  – altri più diretti e simili alle reali manifestazioni che da più di un anno animano le piazze in Messico. Il continuo intrecciarsi di liturgie private e pubbliche racconta un dramma che mescola la tragedia di una nazione con il dolore di chi si vede negata la verità riguardo la scomparsa di amici e parenti.

Gli Instabili Vaganti scelgono di avvalersi di ogni mezzo espressivo per raggiungere il loro scopo, affiancando al racconto e al movimento il linguaggio musicale – con le composizioni originali di Alberto Novello Jestern – e quello figurativo delle immagini video. La drammaturgia testuale in taluni passaggi perde un po’ di intensità, ma è ampiamente compensata dalla forza espressiva dei momenti corali e coreutici che, in una continua evoluzione di luce, voce e ritmo generano un’alternanza di azioni laiche estremamente suggestive.
Rimangono impresse per la loro bellezza alcune immagini: il cumulo di corpi vivi che si mescola alle proiezioni in bianco e nero in un conturbante sovrapporsi di verità e artificio; il progressivo emergere delle denunce di scomparsa attraverso il bianco nitido dei fogli appesi al muro; il commovente messaggio finale che ogni spettatore riceve insieme a un fiore di carta rossa. In questo atto è forse racchiuso il senso di tutta la performance: quando la cerimonia è finita e le luci si accendono, ciò che si celebra con l’applauso non è solo la ricerca e l’impegno degli artisti, ma la consapevolezza di aver preso parte a un momento di crescita comunitaria.

Desaparecidos#43 è un lavoro che continua a evolversi, modificandosi anche in relazione agli attori presenti in scena. Nella versione vista a Bologna presso il Teatro delle Moline insieme ad Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola ci sono infatti la danzatrice Marta Tabacco e due studenti messicani, i quali però non sono riusciti a ottenere il visto necessario per rimanere in Italia a lavorare. «Cosa succederà dopo le repliche a Napoli? Non lo sappiamo. Forse saranno costretti a ritornare in Messico, ma noi continuiamo a sperare di trovare un modo per farli rimanere». Come e più che in Made in ILVA – L’eremita contemporaneo, gli Instabili Vaganti mettono in atto un profondo intersecarsi di arte e messaggio sociale. Se nel lavoro nato nel 2012 il focus era la condizione di alienazione imposta al lavoratore operaio  – uno status riferito alla fabbrica tarantina ma condivisibile con ogni grande realtà produttiva del mondo industrializzato  nel caso di Desaparecidos#43 il contesto geografico e temporale è ineludibile.

Lo spettacolo riesce però a farsi manifesto non di una specifica corrente politica, ma di un movimento umanitario collettivo che attraverso i social network si sta diffondendo in tutto il mondo, oltrepassando le barriere linguistiche e istituzionali. Un lavoro artistico che ha origine dalla condivisione di un percorso comune, e che come tale continua ad agire sugli artisti e sul pubblico. Per diffondere la conoscenza riguardo la situazione messicana gli Instabili Vaganti organizzano infatti, in concomitanza di alcune repliche, momenti di confronto con gli spettatori per approfondire e discutere il tema dei desaparecidos. Un impegno che supera la ricerca artistica e irrompe con prepotenza nella vita di tutti i giorni, per ribadire la potenza e la necessità dell’azione collettiva.

Chiara Marsilli