testo e regia di Mimmo Sorrentino
visto al Teatro Ringhiera di Milano _ 30 giugno 2011
Per “Gli spazi del teatro”, laboratorio integrato per cittadini abili e diversamente abili portato avanti dalla compagnia ATIR e dalla Cooperativa Comunità Progetto dal 2000, è tempo di un nuovo debutto. Dopo L’opera dei mendicanti, realizzato con la regia di Serena Sinigaglia nel 2009, è la volta di Dimmi che principessa sei, testo e regia di Mimmo Sorrentino.
La formula del progetto è la stessa, ormai consolidata. Un biennio di formazione teatrale rivolto agli utenti dei servizi sociali che coinvolge educatori e cittadini comuni che abbiano voglia di essere coinvolti nell’esperimento. A biennio concluso vi è la possibilità di andare avanti con un terzo anno di lavoro, una sorta di master che corrisponde all’ultimo livello formativo e che culmina nella realizzazione di un vero e proprio spettacolo professionale che porta in scena utenti, attori ed educatori, guidati da competenze artistiche di prima qualità (si veda Diversamente attori? Esperienze di teatro e disabilità, in “Stratagemmi” 11, settembre 2009: 185-196). Seguendo questi criteri i responsabili di progetto hanno invitato a dirigere i lavori Mimmo Sorrentino, drammaturgo e regista sensibile ai temi dell’integrazione e all’ascolto delle differenze. Il tema dello spettacolo è nato, non a caso, proprio dal dialogo con le persone coinvolte nel progetto. Al primo incontro con gli operatori di ATIR e Comunità Progetto, per stabilire il soggetto su cui si sarebbe lavorato, Sorrentino ha chiesto ad attori ed educatori quale fosse la loro urgenza. Domanda difficile a cui sono seguite risposte diverse e poco chiare, che il regista ha riproposto, nell’incontro successivo, sotto forma di poesia. Elemento comune e guida di tutti i versi, la femminilità. Non a caso, le interlocutrici erano tutte donne. È così che il “femmineo” diviene il tema del nuovo spettacolo, in un testo che porta in scena i racconti delle operatrici di ATIR e Comunità Progetto interpretati dagli attori diversamente abili tramite il filtro sensibile e ironico di Mimmo Sorrentino, che ha ascoltato e rielaborato le loro parole.
“Dimmi che principessa sei” è quindi un omaggio alla donna e alle operatrici che, come racconta lo stesso Sorrentino, “Mi hanno permesso di essere femmina. Così ho scoperto che la semplicità non viaggia su strade asfaltate e diritte, ma predilige le stradi tortuose. E dietro ogni curva vi sono inimmaginabili orizzonti. Mi hanno permesso di sentirmi terra e luna. E’ stato un gran privilegio. L’omaggio era dovuto.”
E il risultato è uno spettacolo intenso e ironico, in cui va in scena l’umanità di donna nelle vesti di mamma, figlia e amante, con il suo bagaglio di incertezze, determinazione, paura, sogni e illusioni. Sorriso, pianto, parole, musica e azioni si intrecciano in un racconto fatto di ricordi fino a diventare favola. Una favola non certo lineare, in cui sono coinvolti tutti, attori e pubblico, e in cui le principesse possono nascere in una rosa come sopra un letto di crauti, possono vivere in un regno che è un guscio di noce così come un monolocale atroce, e se vedono un rospo non è detto che lo bacino, potrebbero anche mangiarselo. Il ritmo dello spettacolo è sostenuto dalla batteria e dalle musiche suonate dal vivo da Andrea Ganimede, dalle brave attrici che guidano il gruppo e dalla implacabile autoironia degli attori diversamente abili. Come racconta Sorrentino nelle note di regia, “discutere il testo con i diversamente abili, ascoltare le loro reazioni e trasformarle in azioni sceniche è stato come toccare le parole, accarezzarle, come si accarezza la superficie delle cose. E allo stesso tempo è stato come immergersi nelle acque profonde, nuotare nei fondali dell’esistenza.”
Prima di entrare in sala viene distribuito al pubblico un questionario, una sorta di test che una volta compilato svelerà “che principessa sei”. Per chi ancora non lo avesse scoperto, può farlo il 5 luglio quando lo spettacolo tornerà in scena all’interno della rassegna “Da vicino nessuno è normale” curata da Olinda presso l’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini.
Francesca Serrazanetti