Da Epidauro a Vicenza: il grande regista greco Theodoros Terzopoulos torna al Teatro Olimpico e, a trent’anni dalla sua ultima regia vicentina (Antigone, 1994), inaugura il festival di spettacoli classici con la prima nazionale dell’Orestea di Eschilo dopo un debutto trionfale al teatro greco di Epidauro (12-13 luglio). I direttori artistici Ermanna Montanari e Marco Martinelli (del Teatro delle Albe di Ravenna) hanno fortemente voluto lo spettacolo, ben conoscendo il lavoro di Terzopoulos, con cui si trovano in perfetta sintonia. In particolare il coro, radice e perno del teatro antico, è da sempre cardine teorico e pratico sia per il regista greco e il suo Teatro Attis sia per il gruppo ravennate. “Coro” è non a caso il titolo dell’ultimo libro di Martinelli (2023) e dello stesso festival in corso a Vicenza: programmaticamente aperto alla città, imperniato su spettacoli collettivi (Pluto. God of Gold, Notte delle Voci) o frutto di una “chiamata pubblica” (Purgatorio dei poeti) com’è consuetudine delle Albe. 

Anche di quest’Orestea il coro è fulcro scenico e simbolico, tanto da dar forma allo spazio: risalendo indietro nel tempo, l’Olimpico viene riportato all’antico teatro greco (fonte diretta d’ispirazione, peraltro, per il suo creatore Palladio). Al pubblico sono riservate le gradinate, mentre in platea un’orchestra circolare, tagliata da linee diagonali, ospita le coreografie del coro. Sullo sfondo, le vie di Tebe — scene originali del teatro — si prestano con naturalezza a rappresentare prima Argo, sede delle prime due tragedie, poi Delfi e Atene, dov’è ambientata la terza. L’apertura scenica centrale incornicia perfettamente gli attori che via via nei momenti-chiave salgono sul podio e si stagliano sul fondale illuminato, fermi in pose statuarie, a replicare in un gioco di specchi la folla di statue — gli Accademici Olimpici, primi sponsor del teatro — che dal 1585 ci guardano dal loro piedistallo. Colgo qui il primo segno di una dialettica forte che quest’Orestea instaura col teatro Olimpico e con il suo pubblico di ieri e di oggi: come noi spettatori, anche le statue rinascimentali contemplano con stupore, dalla scena e dall’alto delle gradinate, i corpi pulsanti degli attori. Altro segno significativo è la trasformazione in lavagna digitale dell’unico spazio nero disponibile nel candore abbagliante della scena olimpica: la traduzione del testo in italiano (lo spettacolo è in greco moderno) viene proiettata nella lapide commemorativa, al centro della scena, dove gli Accademici vantano la loro “virtù e genio”. Così questa lastra tombale posta a suggello del teatro si ‘anima’, ed è l’immagine-simbolo di un monumento ‘morto’ che torna in vita. Allo stesso modo il soffio vitale (la psyche dei Greci) spira e si diffonde nell’aria sin dall’ingresso del primo attore e poi del coro: è il respiro di Dioniso, dio del teatro di cui si dichiarano fedeli adepti Terzopoulos, i teatranti, lo stesso critico Andrea Porcheddu che intervista il regista greco in un incontro pubblico pre-spettacolo (il primo di quattro Parlamenti d’Autunno, a cura di Marco Sciotto).

foto: Daniel Bertacche

In questa sede Terzopoulos ha aperto generosamente il suo scrigno magico, la sua cassetta degli attrezzi: il metodo da lui inventato e insegnato in tutto il mondo con cui ha accompagnato, per quest’Orestea, trenta attori in sei mesi di prove, cominciate insolitamente lavorando su Eumenidi che è di norma una ‘Cenerentola’ rispetto alle sue sorelle. Meno amata e frequentata dai registi, spesso ignorata, trascurata, svilita, tagliata per tanti motivi: terza e ultima, con un coro femminile e demonico di difficile resa (le Erinni), dettata da una drammatica situazione storica (Atene era in preda a una guerra civile, tra clan e fazioni, tanto che Eschilo fa dire da Atena ai suoi cittadini «non scannatevi tra voi, combattete piuttosto i nemici esterni»). Altrettanto problematica è la trasformazione a fine dramma delle Erinni in Eumenidi, ossia ‘benedizioni’, come le chiama Pasolini nella sua Orestiade del 1960 (ritrovandole poi nel Pilade, 1966), o anche ‘Benevole’ (così nel romanzo di Jonathan Littell, 2006). Tutt’altro che benevole sono le Erinni di Terzopoulos, che ne fa il cardine dell’intera trilogia: non solo demoni della vendetta, minacciosi e brutali, ma arbitri e garanti della giustizia.

Rivendicano la propria funzione necessaria, deterrente del crimine. Sulla scena dell’Olimpico, il coro (una ventina di uomini e donne perfettamente coordinati, in movimento o in stasi carica di tensione e violenza) affronta questo terzo dramma in formidabile climax: possiamo sentire le Erinni nel ronzio minaccioso di api o vespe che apre e chiude lo spettacolo (già Sartre, riscrivendo l’Orestea, le chiamava ‘mosche’); le vediamo nei coltelli che i coreuti dell’Agamennone si puntano alla gola e che Clitemnestra usa per sgozzarli e trafiggerli, ad uno ad uno, prefigurando i suoi piani omicidi; le ritroviamo nella fila di corpi distesi e illuminati di rosso (il ‘tappeto di porpora’ dell’originale) su cui Agamennone cammina, incontro al suo destino di morte; le sentiamo ridere sguaiatamente mentre vengono uccisi, fuori scena, prima Agamennone e Cassandra (Agamennone) poi Clitemnestra e Egisto (Coefore); le vediamo prender corpo nel coro e far impazzire Oreste, che ha appena ucciso sua madre, istigato da Apollo, per bocca di Pilade; ci ipnotizzano, nel terzo dramma, gravitando minacciose in cerchi sempre più stretti attorno al matricida, poi letteralmente avvolgendolo in un groviglio di corpi, per farlo scomparire e risucchiarlo negli inferi.

foto: Daniel Bertacche

E qui, sul più bello, un’improvvisa sventagliata di mitra ci scuote, fa crollare il coro per terra: Atena e Apollo, i nuovi dei in tailleur, spietati interpreti della ragion di Stato, costringono il coro a votare (in Eschilo è un tribunale di cittadini, l’Areopago, appositamente nominato); dai corpi distesi in cerchio si levano per un attimo braccia tese in uno spasmo a reggere, con le ultime forze, minuscoli cartoncini rossi. I voti sono pari, eppure Oreste viene assolto per volontà di Atena: lei, nata dal padre e senza madre, nega il ruolo della donna nel concepimento, e quindi giustifica il matricidio per punire l’uxoricidio. Le ‘vecchie dee’, sconfitte, più rassegnate che minacciose, annunciano il caos ormai imminente, inevitabile: Terzopoulos, come molti autori e registi dell’ultimo secolo, non crede nel lieto fine. La sua Atena, melliflua e agghiacciante burocrate, cerca di blandire o perfino corrompere le Erinni promettendo onori di ogni genere. Ma non potrebbe essere più crudo il contrasto tra quel che dice e come lo dice, e soprattutto con quel che vediamo: le Erinni sono neutralizzate, ridotte a fantocci, confinate sotto terra. Come galeotti alla catena, i coreuti escono di scena. Ne rimane solo uno, disteso al centro dell’orchestra. Piangendo, si seppellisce sotto il mucchio di teli bianchi, macchiati di sangue, lasciati dalle Erinni (oggetto scenico presente sin dall’inizio, usato via via per scandire i momenti-chiave dell’azione). Una voce fuori campo comincia a elencare i numeri dei morti di tante guerre contemporanee. Il buio ci inghiotte, il candore dell’Olimpico precipita in un baratro nero: il caos che Eschilo ha esorcizzato, con l’Orestea, travolge Atena, Apollo e gli dei dell’Olimpo. Tutti, tranne Dioniso. Lui rimane qui, al teatro Olimpico, dove gli spettacoli classici proseguono fino al 20 di ottobre.

Martina Treu


in copertina: foto di Daniel Bertacche

ORESTEIA
di Eschilo
traduzione Eleni Varopoulou
regia e adattamento Theodoros Terzopoulos
regista associato Savvas Stroumpos
scenografie, costumi, illuminazione Theodoros Terzopoulos
musiche originali Panayiotis Velianitis
consulente drammaturgico Maria Scicchitano
drammaturgo Irene Moundraki
assistente alla regia Theodora Patiti
scenografo associato Sokratis Papadopoulos
costumista associato Panagiota Kokkorou
designer associato per le luci Konstantinos Bethanis
collaboratore artistico Maria Vogiatzi
produzione National Theatre of Greece
personaggi e interpreti Cassandra Evelyn Assouad, Profeta Anna Marka Bonissel, Elettra Niovi Charalambous, Apollo Nikos Dasis, Guardiano/Cittadino ateniese Tasos Dimas, Clitemnestra/Fantasma di Clitemnestra Sophia Hill, Nutrice Ellie Iggliz, Oreste Kostas Kontogeorgopoulos, Egisto David Malteze, Araldo Dinos Papageorgiou, Atena Aglaia Pappa, Agamennone Savvas Stroumpos, Supplice Alexandros Tountas, Pilade Konstantinos Zografos
Coro Babis Alefantis, Aspasia Batatoli, Nikos Dasis, Katerina Dimati, Natalia Georgosopoulou, Katerina Hill, Ellie Iggliz, Vasilina Katerini, Thanos Magklaras, Elpiniki Marapidi, Anna Marka Bonissel, Lygeri Mitropoulou, Rosy Monaki, Stavros Papadopoulos, Vangelis Papagiannopoulos, Michalis Psalidas, Myrto Rozaki, Yannis Sanidas, Alexandros Tountas, Pyrros Theofanopoulos, Konstantinos Zografos