Entrando dalla porta della sala Shakespeare del teatro Elfo Puccini, la prima cosa che notiamo è la platea vuota. Uno strano senso di spaesamento e al contempo di fascinazione avvolge i pochi spettatori che assisteranno allo spettacolo seduti tra le file vuote; il resto del pubblico è, invece, in piedi, riunito sul palcoscenico. Il lavoro a cui assistiamo, DJ Battle, creato da Maud Le Pladec, direttrice dal 2017 del Centre Choréographique National d’Orléans CCNO, si inserisce perfettamente all’interno del percorso artistico della danzatrice. Già interprete per grandi nomi della danza contemporanea come Georges Appaix, Loic Touzé, Boris Charmatz, Le Pladec porta avanti un’idea coreografica costruita in costante dialogo con l’universo musicale, allo scopo di mettere in discussione un rapporto di gerarchia spesso più che consolidato.

Una delle peculiarità del lavoro è sicuramente l’allestimento scenico: una consolle posta al centro dove l’eclettico dj Julien Tiné spazia dall’electro anni 80 alla house music, passando per il rock. Intorno alla sua postazione, un primo perimetro, tracciato con dello scotch bianco sul pavimento, delimita una delle due aree di azione in cui si muoverà il danzatore Régis Badel. Un secondo quadrato, invece, circoscrive l’area fuori dalla quale gli spettatori assistono alla performance, in piedi lungo tutte e quattro le pareti del palcoscenico.

La relazione tra il dj e il danzatore si consuma inizialmente mantenendo una certa distanza l’uno dall’altro, con il secondo che rimane nell’area più perimetrale per poi, gradualmente, avvicinarsi alla consolle. In alcuni momenti è proprio Régis Badel (che vanta, parallelamente alla formazione coreutica, il diploma al conservatorio di Lione) a decidere i brani da riprodurre. E se le scelte musicali di Julien Tiné seguono un’evoluzione in climax ascendente, via via più coinvolgente, gli interventi di Régis Badel rappresentano, invece, un cambio di rotta verso melodie più armoniose, dai caratteri mediorientali. Dopo un momento di iniziale timidezza, il pubblico assiste alla magia che accade sul palcoscenico; Régis Badel e Julien Tiné riescono a concretizzare quell’equilibrio tra danza e musica teorizzato da Maud le Pladec: come distinguere qual è la parte che guida il tutto, il danzatore o il dj? È la musica, che con il suo ritmo trasporta nello spazio la danza potente e coinvolgente, o è al contrario il danzatore che riesce, con i suoi movimenti, a dettare le scelte musicali del dj per farsi accompagnare? Forse porsi queste domande è già sintomo della riuscita di uno spettacolo in cui non vediamo soluzione di continuità tra sinfonia musicale e “sinfonia” coreografica.

Ma non è tutto: lo spazio scenico che nei primi trenta minuti era stato abitato dall’improvvisazione accattivante di Régis Badel, d’un tratto si svuota. Rimane solo Julien Tiné e con lui il pubblico, diventato ormai parte attiva della performance. Qualche movimento timido del bacino, una mano si alza, qualcuno si fa largo tra le luci stroboscopiche che trasformano il palcoscenico del teatro in una pista da discoteca. A poco a poco gli spettatori abbandonano il perimetro per convergere, insieme, al centro, proiettati verso il dj. Da questo momento in poi, siamo tutti performer e tutti spettatori gli uni degli altri. Non c’è giudizio, ma, ancora una volta, desiderio di unione, dialogo intergenerazionale e di contaminazione. L’esperimento di Maud le Pladec mostra come portare avanti un’idea di danza democratica e aperta sia non solo possibile, ma anche necessario.


Matilde Tienni


DJ BATTLE

direzione artistica e coreografia Maud Le Pladec
dj Julien Tiné
interprete Régis Badel
tecnico Nicolas Marc
produzione Centre Choréographique National d’Orléans

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview