di Josep M. Benet i Jornet
regia di Veronica Cruciani
visto al Teatro Carcano di Milano _9-20 dicembre 2015

Torna per la seconda volta a Milano Josep M. Benet i Jornet, drammaturgo catalano pluriplemiato in patria ma quasi sconosciuto sui palchi italiani, con Due donne che ballano: un testo sussurrato, intimo, quasi da camera.
Dopo la versione dello scorso anno, diretta da Francesco Brandi sul palco raccolto del Teatro dei Filodrammatici, questa volta ad ospitare il lavoro è il rinnovato Centro d’Arte Contemporanea del Teatro Carcano, che inaugura così la sua prima produzione. Una bella sfida, quella di far arrivare un dialogo ‘da cucina’ a una platea di quasi 1000 posti senza snaturarne le caratteristiche.

Ma lo spettacolo ha dalla sua un poker d’assi. Ci sono due interpreti straordinarie, Arianna Scommegna e Maria Paiato, che sarebbero capaci di rendere credibile e commovente persino uno dei peggiori sceneggiati televisivi. C’è una regista valente come Veronica Cruciani, ottima direttrice di attori e maestra nel portare all’estremo i campi di forza della drammaturgia contemporanea (lo ha dimostrato, per citare solo alcuni dei lavori approdati a Milano, in Il ritorno o in La palestra ore 18). E infine c’è un testo che, anche se non presenta particolari specificità dal punto di vista formale, ha il merito di restituire con credibilità e forza una dolceamara storia di amicizia al femminile. Una giovane donna, squassata dal dolore di una perdita (Scommegna), si trova a fare da badante a una vecchia sola ma energica (Paiato): in un’altalena di ostilità reciproca e condivisione sincera, le due si troveranno a comprendere di essere a un bivio esistenziale e di doverlo attraversare insieme.

Non c’è nulla di sperimentale o di forzosamente innovativo nell’allestimento, e anche la scenografia minimale ma realistica sembra andare nella direzione della tradizione. Eppure Cruciani riesce a nutrire la sua regia di un quid inequivocabilmente contemporaneo, giocando tutto sui ritmi, sull’intensità e la credibilità delle interpreti, su una certa qualità dello stare e mai del mostrare. E osservando il pubblico del Carcano – in una domenica pomeriggio in cui in confronto all’età media il personaggio di Paiato pare un’adolescente imberbe  – si ha l’impressione che Due donne che ballano riesca a insinuarsi tra le poltrone, abbattendo le difese, arrivando dritto al vissuto degli spettatori, suggerendo analogie, risvegliando dolori, indicando la via della compassione. “T’è capì’?”, sussurra una signora alla sua amica dopo aver sentito dire che “Chi è cattivo campa cent’anni”: “è amara però!”, aggiunge.
Vedremo quale strada prenderà il nuovo Centro d’Arte Contemporanea: ma abituare gradualmente il pubblico ad ascoltare testi nuovi, a uno stile non declamatorio, a un’idea di teatro come luogo di verità e non solo di finzione sarebbe uno splendido obiettivo.

Maddalena Giovannelli