Un elegante pianoforte a coda laccato di nero è l’unico elemento di un palco altrimenti spoglio. Di nero sono vestite anche le due donne che si incontrano al centro della scena per poi posizionarsi su due angoli opposti, una di fronte all’altra, ciascuna al proprio strumento. Un’invisibile linea diagonale congiunge i loro sguardi. Lungo silenzio, sospensione piena d’attesa. Poi le luci si abbassano mentre lo spartito si illumina. Una nota, un passo: è così che Gilda Buttà e Adriana Borriello iniziano a dare corpo al grande capolavoro di Bach. Il corpo della Borriello attraversa lo spazio lungo linee rette, tracciando figure geometriche ispirate dall’architettura rigorosa delle variazioni Goldberg che la Buttà esegue dal vivo. Ma la danza, come la musica, non è solo questione di pura matematica. E l’intensissimo flusso emotivo che si instaura tra le due artiste diventa subito palpabile: il loro è un dialogo in continua evoluzione, tra armonie e dissonanze. A tratti le membra sembrano percorse dalle vibrazioni delle onde sonore come da una scarica elettrica: ad ogni tasto del piano che viene premuto, si mette in moto, di volta in volta, una parte di corpo diversa. Ma non infrequenti sono anche le pause di riflessione, gli arresti improvvisi. Ecco infatti che la Borriello improvvisamente si ferma, le orecchie tappate, mentre le mani di Buttà si incrociano sulla tastiera in complicati virtuosismi. È solo un attimo. Subito dopo la danzatrice spalanca le braccia ad accogliere la musica in sé, quasi un’esortazione a impossessarsi del suo corpo. Un dialogo fitto, serrato, ma non chiuso. Una porta è aperta al passato di una musica scritta, un’altra al presente, rappresentato dal pubblico in sala. Continui sono gli sguardi e gli ammiccamenti in nostra direzione, fino a una vera e propria immedesimazione: seduta su uno sgabello da pianista, il mento in appoggio sul pugno chiuso della mano, la Borriello è per poco spettatrice lei stessa, specchio della musicista e nostro, prima che il suo piede torni a scivolare rapido sul pavimento, irresistibilmente trascinato dalla musica.
Tra esplosioni di gioia e manifesti turbamenti, Duo Goldberg è un’esplorazione continua che parte dal corpo e dalla sua femminilità per raggiungere le pieghe più intime di un’umanità fragile e messa a nudo. Fino alla liberazione finale, quando i piedi, svestiti della sensualità degli stivaletti col tacco indossati fin qui, trovano un più genuino contatto col suolo. Tornano a risuonare ormai le malinconiche note dell’aria iniziale da cui le variazioni hanno preso le mosse. Anche i passi sono gli stessi. Ma qualcosa è cambiato. Una nuova atmosfera di pace e leggerezza avvolge la scena mentre gli sguardi delle due donne si incrociano per l’ultima volta in affettuoso abbraccio finale.
Chiara Casiraghi
Duo Goldberg
coreografia Adriana Borriello
pianoforte Gilda Buttà
musica Johan Sebastian Bach, Goldberg Variations
consulenza musicale per la coreografia Giovanni Bacalov
Iuci Giovanni Marocco
assistente alle prove llenia Romano
produzione Atacama onlus, Compagnia Adriana Borriello
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView