di Martina Treu
“Nel secolo di Oreste ed Elettra che sta nascendo, l’Edipo sarà una commedia”: è del 1975 questa previsione perentoria e provocatoria del drammaturgo tedesco Heiner Müller, autore di diverse riscritture di classici, fra cui anche un Edipo Re (1967). Quest’assunto ci fornisce lo spunto per un’indagine sintetica sulle tracce di un ‘altro’ Edipo – non propriamente l’eroe tragico che meglio conosciamo – e si confermerà profetico alla luce di alcuni casi esemplari di riscritture e allestimenti. La nostra ideale storia di Edipo tragicomico trova le sue premesse nel teatro attico (in particolare nelle Rane di Aristofane, vv.1182-96, dove il ‘mutamento di sorte’ del personaggio tragico, celebrato anche nella Poetica di Aristotele, si trasforma in paradigma tragicomico d’infelicità); ma quanto alle riscritture il periodo cruciale è naturalmente il Novecento, quando Edipo torna alla ribalta, anche grazie a Freud, prima in versione tragica e poi tragicomica. È per noi significativo che proprio negli anni immediatamente successivi alla citata frase di Müller, ossia dal 1975 in poi, si concentrino le versioni grottesche più degne di nota – La morte della Pizia dello svizzero Dürrenmatt (1976), Edipus del lombardo Testori (1977), Alla greca del britannico Berkoff, 1980 – che in vario modo intervengono sulla trama (dagli antefatti al finale), sui rapporti tra i personaggi, sull’immagine del protagonista; quest’ultimo specialmente, grazie alle versioni tragicomiche, gode di una rinnovata popolarità dentro e fuori scena, presso un pubblico più vasto e trasversale di altri personaggi tragici, come mostrano gli esempi recenti che chiudono la rassegna: anche grazie a loro, forse, si allarga oltre la cerchia dei classicisti la frequentazione non di uno, ma di tanti Edipi che riescono (perfino) a farci ridere.