Il 27 marzo si è celebrata la Festa mondiale del teatro. È la prima volta che l’Italia fa propria l’iniziativa nata quasi cinquant’anni fa: nel 1962 il drammaturgo francese Jean Cocteau fu invitato a scrivere un messaggio internazionale sul tema “teatro e pace”, da leggere in diverse lingue in tutti i teatri del mondo. Nel 2010 l’invito è stato rivolto all’attrice britannica Judith Olivia Dench, che ha lanciato questo monito: “Il teatro è una sorgente di divertimento e di ispirazione e possiede la capacità di unire tutte le popolazioni e le culture del mondo. È oltremodo importante perché ci offre la possibilità di educare e di informare. Ogni giorno dovrebbe essere considerato, in differenti maniere, come una giornata del teatro”. Al di là dei nobili intenti, sbandierati anche dal comunicato stampa del Ministero dei beni culturali italiano nel presentare l’iniziativa – primo tra tutti, comunicare nel mondo i valori universali e condivisi del teatro – bisognerebbe chiedersi che cosa, in soldoni, voglia dire celebrare una festa del teatro oggi. In Spagna, ad esempio, la capitale Madrid ha offerto tutti gli spettacoli in cartellone quel giorno a metà prezzo. E in Italia? Si legge sul sito Governo.it: “Le iniziative sono volte a sensibilizzare il pubblico, in particolare i giovani, alla conoscenza e alla pratica delle arti di scena; a promuovere la funzione educativa e sociale del teatro; a valorizzare le arti di scena quale elevata forma di espressione artistica, fondamentale fattore di diffusione delle tradizioni culturali, di aggregazione e socializzazione delle varie realtà culturali del nostro Paese. Tra gli eventi in programma: l’esposizione del manifesto nazionale nei teatri e nelle scuole; la diffusione di uno spot promozionale con i ragazzi dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico; un filmato realizzato da Rai 3 per ricordare i grandi attori del passato; la presenza di testimonial teatrali; visite guidate dietro le quinte e recite con biglietti di favore”. A questo proclama sono seguiti alcuni richiami dell’evento sulle maggiori testate nazionali, conditi dall’ovvio disappunto degli addetti ai lavori per i fondi statali e per le sovvenzioni che non arrivano mai o che arrivano sempre nel posto sbagliato o in quantità irrisorie. Ci si potrebbe chiedere allora: davvero si sentiva il bisogno di un filmato che ricordasse gli attori del passato? Di un’accademia che realizzasse un promo per invogliare i giovani a studiare la materia? Sono questi gli ambiti in cui il nostro ministero ha deciso di intervenire? Per rispondere, facciamo nostra la riflessione di Renato Palazzi, che su Delteatro.it ha commentato così l’evento: “È strano che nessuno lo abbia notato, ma c’è qualcosa che non va nel modo in cui in Italia si è celebrata la giornata della Festa mondiale del teatro. C’è qualcosa che non va in un atto d’amore in qualcosa che si proclama di voler salvare da un’incombente minaccia di estinzione. […] Sono l’indizio di una crisi i circa seicento nuovi gruppi che sono nati di recente, e stanno letteralmente cambiando volto alla scena italiana? Sono l’indizio di una crisi i tanti giovanissimi attori e registi che si vanno affermando a livello nazionale in un’età in cui i loro colleghi della generazione precedente erano ancora iscritti alla scuola d’arte drammatica, e che approdano con sempre maggiore rapidità alle ribalte più importanti, ai festival più seguiti? Può definirsi in crisi un panorama teatrale nel quale è in corso il più poderoso ricambio anagrafico ed estetico degli ultimi decenni?” Andate a leggere che cosa hanno combinato con La morte di Ivan Il’i? di Tolstoj e con l’Eneide di Virgilio due dei giovani nomi più seguiti e apprezzati della scena italiana oggi. Sono rispettivamente Claudio Autelli, già noto ai lettori di “Stratagemmi”, e il duo Ricci/ Forte. Con le loro riscritture e regie dai testi classici costituiscono due esempi di come non sia necessario appellarsi agli attori del passato o realizzare il promo di un’accademia di arte drammatica per risollevare il teatro dalla crisi in cui sarebbe piombato. Ed è a questo panorama, in fermento e in crescita, che ama guardare “Stratagemmi”. Da qui provengono i diversi modi di ripensare e riscrivere i classici ai quali – assieme a due nomi già affermati come Latella e Turturro – abbiamo dedicato il nostro Taccuino: dal visionario collage epico di Mark Ravenhill proposto dall’Accademia degli Artefatti all’inedito Tolstoj di Claudio Autelli, passando per l’Eneide postmoderna del duo Ricci/Forte. Ripensare il classico e guardarlo con altri occhi è, come sempre, l’obiettivo anche della sezione dedicata agli studi. La prima parte – decisamente corposa per questo numero – si apre con un contributo che analizza la figura di Antigone nella ceramica figurata italiota e siceliota del quarto secolo a.C., dove alle versioni classiche del ciclo dei Labdacidi, codificate nelle tragedie dei grandi autori attici (le uniche rimasteci), sono affiancate varianti successive e persino una parodia. L’idea di classico pensata da Angelo Sikelianos ed Eva Palmer nel primo Novecento in Grecia, ed incarnata soprattutto in quell’evento spettacolare costituito dalle Feste delfiche, è oggetto del secondo saggio, costruito a partire dalle splendide fotografie delle Feste – inedite – conservate al Museo Benaki di Atene. Il quarto intervento ospita una riflessione sul rapporto tra “spazio teatrale” e “scena urbana”: a partire dal costante dialogo tra cavità teatrale e cavità urbana, fino ai differenti livelli di interazione tra teatro e architettura, non solo sul piano progettuale ma anche su quello teorico-disciplinare. Infine c’è spazio per il teatro di Juan Mayorga, uno dei massimi drammaturghi contemporanei, nella sua ricerca tra storia e cronaca come punti di partenza per rappresentare drammi e tensioni della contemporaneità. Ma è il terzo saggio che più esprime il tema di questo numero di “Stratagemmi”: il mito di Edipo che approda dalla tragedia alla commedia, attraverso riscritture e spunti, da Aristofane a Sabina Guzzanti, passando per Giovanni Testori, Freidrich Dürrenmatt, Steven Berkoff e molti altri. L’intervento è stato presentato da Martina Treu a Ravenna, in un convegno dedicato a “Edipo classico e contemporaneo” (24-25 marzo 2010). Leggete il report nella sezione dedicata alle recensioni: attorno a un unico tavolo docenti, ricercatori, registi e personaggi del calibro di Edoardo Sanguineti si sono interrogati su quali siano gli elementi di vitalità e di continuità del mito classico e sulle ragioni che continuano a portare sulle nostre scene Edipo.