Il teatro, come un organismo vivente, trova nella diversità motivo di crescita e arricchimento. Ecco perché le nostre scelte rimangono le stesse a cui abbiamo abituato i nostri lettori nelle prime due uscite: un ventaglio di voci e idee, molto diverse tra loro, senza necessità che vengano uniformate perché è proprio la pluralità a dare linfa al teatro, alla scena e ai suoi protagonisti. Il Coro, come è noto, non oscura l’eroe: lo sostiene e lo innalza.
L’apertura è dedicata alla seconda puntata del saggio (l’ ultima parte comparirà a dicembre) nel quale Platone rilegge le trovate burlesche di Aristofane, in un impasto innovativo di commedia e tragedia.
A seguire, la nostra costante attenzione al teatro classico ci porta alla produzione comica della Magna Grecia: siamo in Sicilia, con l’Ámico di Epicarmo e i suoi controversi frammenti di cui si tenta in questa sede un’attenta analisi.
Abbiamo poi dato spazio a una nuova prospettiva di indagine, teatrale e testuale allo stesso tempo: è il problema della traduzione, toccato da due saggi, cuore di questo terzo numero. Nel primo, a dare nuova luce al rapporto tra classico e moderno è “la lente dell’artigiano”. Da Plauto a Pasolini, ovvero: quando un maestro traduce un maestro. Il tema è di quelli in grado di catalizzare l’attenzione degli studiosi per interi seminari, come accade anche con Samuel Beckett e il suo “teatro del silenzio” che, tra francese e inglese (lingue madri dell’autore), soffre ma ugualmente si potenzia. Chiude la sezione dedicata ai saggi un percorso attraverso le messe in scena di Eduardo De Filippo nella stagione passata. Il pretesto servirà per un’indagine sul tema della realtà rappresentata in scena e del suo rapporto con il vero.
E’ invece la stagione prossima ad essere al centro del Taccuino, dove, anche in questo numero, si confronteranno le scene italiane ed europee: da Parigi a Venezia, da Milano a Treviso. Due caffè con Pina Bausch: alla scoperta della sua arte, fra teatro e danza, dai primi spettacoli, alle ultime pièces. Il nuovo cartellone del CRT (Centro di ricerca teatrale) di Milano è invece lo spunto per raccontare il teatro emergente di Emma Dante, che sembra incarnare una vera e propria poetica stagionale del teatro milanese. A conclusione, una riflessione sulla funzione e il ruolo che il teatro può e deve ricoprire in ogni città in ci si trovi a vivere: organismo vivente, appunto, che necessita cure e attenzioni per crescere e svilupparsi al meglio.