Quello che state aprendo è il primo numero del secondo anno di vita di “Stratagemmi”. Siamo fiere del lavoro svolto fin qui, del riscontro di pubblico e di lettori, dei complimenti e anche delle tante critiche che abbiamo ricevuto in questi dodici mesi di lavoro. Stiamo procedendo lungo la linea che abbiamo tracciato netta fin dal primo numero, con qualche doveroso aggiustamento di percorso perché ogni progetto, anche il più solido, una volta che prende vita si trova ad assumere forme prima inimmaginabili.
E così da questo numero troverete una divisione della rivista in due sezioni, bene distinte tra loro: gli “studi” e il “taccuino”, dedicato all’attualità.
Chi ci ha seguito finora sa che la parte accademica di Stratagemmi è il cuore fondante del nostro lavoro, quello che vogliamo sia anzitutto in grado di incuriosire e far riflettere, perché una disciplina come il teatro, che si contamina per sua natura con la vita e con l’esperienza, anche qualora prenda la forma di un saggio scientifico e rigoroso non finisce mai per ridursi a una dissertazione fine a se stessa.
Ecco allora i temi che troverete sfogliando questo numero della rivista: spunti per un confronto originale tra la figura di Oreste nelle Coefore e quella di Dioniso nelle Baccanti; la seconda parte di un’indagine sulle riprese pasoliniane di Plauto e sui relativi adattamenti per l’avanspettacolo; lo scorcio su un aspetto poco noto dell’attività di Paolo Grassi, direttore lungimirante di una collana teatrale per la casa editrice Rosa e Ballo, esempio quasi unico nel panorama editoriale italiano; la pubblicazione di un testo inedito che inquadra uno dei fondamenti epistemologici dell’architettura teatrale, ossia la dialettica tra permanente ed effimero.
Lo spazio dedicato all’attualità è cresciuto tra le nostre mani come una piacevole sorpresa, e ha seguito, quasi naturalmente, una strada propria. Lo si è visto con la monografia dedicata al Teatro Gerolamo, che ha portato a un’occasione pubblica di confronto e dibattito, sorprendentemente fruttifero: leggerete, nel nostro breve resoconto, perché. Questa è la strada che vogliamo ora seguire. Per continuare a lavorare sul percorso iniziato, perché è lì dove possiamo esercitare le nostre esperienze e le nostre competenze: lì dove, fuori dagli onori e dagli oneri della cronaca, il teatro vive o, più spesso, sopravvive. Chiedersi il perché delle cose e perché queste cose succedano, è, crediamo, un atto coraggioso. Di fronte al quale non bisogna mai tirarsi indietro. Chiamatelo come volete: indagine, attualità, inchiesta. Noi l’abbiamo chiamato taccuino, perché per noi sono note in un viaggio che va oltre la soglia immediata dell’attualità, alla ricerca di quei temi a volte poco indagati, a volte ignorati dalla critica e dalla cronaca. La nostra intenzione non è fare giornalismo da ultimo grido: quello lo lasciamo a chi ha ruolo e competenze. Continueremo a muoverci consapevoli della natura della nostra rivista e di quelle che sono state, al principio, le nostre scelte: provando a far cozzare gli strumenti e i metodi che la ricerca accademica ci ha dato contro l’esperienza quotidiana, con curiosità e desiderio di approfondire. Troverete, nelle pagine della parte seconda, l’avvio di un percorso che vogliamo condurre attraverso le molteplici realizzazioni del rapporto, complesso e inscindibile, tra teatro e periferia. Cominceremo dall’esempio milanese, con interviste ad alcuni dei protagonisti che in questi ultimi anni hanno abitato con il teatro gli spazi ai margini della città, spesso lontani dai grandi riflettori. Buon viaggio.