Capita spesso di chiedersi cosa i giovani d’oggi possano trasmettere alle generazioni future. A questo interrogativo rispondono le rime incalzanti e sincere di Pouria Jashn Tirgan ed Emanuele Fantini, che in RAP – Requiem Al Poeta si servono del rap per comunicare a viso aperto con gli spettatori continuamente chiamati in causa.
Due ragazzi incappucciati salgono sul palco, recuperano due microfoni e, con sguardo complice, iniziano a cantare. Le note elettroniche e fredde ben si accompagnano alle strofe irriverenti che si susseguono frenetiche. Ma d’improvviso tutto si ferma, il silenzio riempie la sala prima che le casse inizino a riprodurre una melodia liturgica: il “Pater Nostrum” intonato da Emanuele fa da sfondo alle rime continue di Pouria Jashn, istituendo quasi una nuova forma rituale. La piccola sala del GhePensiMi si carica di un’atmosfera austera e di un’energia nuova condivisa dai presenti. Viene proclamato una sorta di manifesto relativo alle nuove generazioni: «C’è poesia, in chi cerca spiragli di luce in spiragli di buio», tracciando così un percorso alternativo «a quelli già scritti», troppo stretti per chi tenta di guardare ben oltre i confini segnati. Si apre una polemica contro la cultura contemporanea, o meglio, quella imposta dai più anziani, accusati di non far altro che compiere un’azione repressiva nei confronti dei giovani. Inizia così un confronto generazionale realizzato coinvolgendo anche il pubblico in sala, che a turno veste i panni di personalità differenti: una signora in prima fila viene chiamata “mamma” e da qui partono a fluire i ricordi del suo vissuto come le lotte delle Black Panthers e i Movimenti No War; un ragazzo è invece appellato “nonna” e così sono raccontati alcuni dei momenti più dolorosi del secondo dopoguerra e della difficile situazione economica. Il tempo evocato però non è così distante, anzi l’operazione portata avanti da Pouria Jashn ed Emanuele è proprio quella di evidenziare come il presente non sia altro che una riproposizione degenerata di quello stesso passato, pur in un contesto diverso. Si costruisce così in scena un vero e proprio album della vita: ogni brano eseguito sul palco diviene una dichiarazione di rivolta contro la generazione precedente, che pare non lasciare spazio a quelle che verranno. Il grido «siamo uno sbaglio in un tempo sbagliato» si trasforma in «siamo le persone giuste in un tempo giusto»: i nuovi nati stanno cercando di trasformare quel rimprovero costante e continuamente ripetuto in un punto di forza. Non siamo un manipolo di nullafacenti, non siamo pigri o stanchi: dobbiamo affrontare un presente diverso da quello di chi ci ha preceduto, che continua ad avere forti ripercussioni su di noi. E per farlo, allora, devono mutare gli schemi culturali.
Tutto ciò avviene sotto gli occhi dello spettatore che riesce a scorgere questo cambiamento: non solo nella musica, che si fa sempre più insistente e con rime sempre più dure, ma anche visivamente. Se infatti all’inizio i due interpreti hanno accolto il pubblico indossando una tuta bianca, a poco a poco che i brani dello spettacolo si alternano, Pouria Jashn si priva degli indumenti candidi per vestire invece un completo grigio. I giovani crescono e maturano: la felpa bianca lascia posto a una giacca, i pantaloncini sono presto sostituiti da un pantalone scuro e sono posti in terra per disegnare e dare forma a una figura terza che si unisce alla rappresentazione. «Un cadavere che diviene tutto»: è questo il simbolo di una poesia, decaduta ancor prima di nascere. Ecco cosa siamo: una generazione privata della sua poesia, e del futuro.

Mariachiara Merola


in copertina: foto di Davide Aiello

RAP – REQUIEM AL POETA
con Pouria Jashn Tirgan e Emanuele Fantini
drammaturgia e regia Pouria Jashn Tirgan
musiche originali Emanuele Fantini
drammaturgia e regia Pouria Jashn Tirgan
co-produzione Teatro del Lemming
Vincitore Bando Cura 2022
Finalista premio Alberto Dubito 2023

Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2024