La riflessione sulla relazione tra artisti e territorio rappresenta il fulcro della serie di hackathon organizzati da Spazio Yak (sala polifunzionale legata a Karakorum Teatro) in occasione del progetto En Plein Air. Comunità creative per creature postpandemiche è il titolo della seconda tappa di questo percorso, pensato per produrre dei risultati grazie all’incontro tra creazione artistica, educazione e coesione sociale.

Quale tipologia di relazione può esistere tra il mondo dell’arte e quello della scuola? In che modo questo scambio è in grado di influenzare entrambe le parti coinvolte? Quanto risulta fondamentale la creazione di una comunità di base aperta e ricettiva prima di mettere in atto processi di creazione artistica?
Queste sono alcune delle questioni sollevate da Stefano Beghi, direttore artistico di Karakorum Teatro, per stimolare la discussione. All’incontro sono presenti lavoratori e lavoratrici del mondo della scuola e di quello dei servizi sociali: dirigenti scolastici, docenti delle scuole medie e superiori, insegnanti della scuola primaria, assistenti sociali, educatori ed educatrici professionali. Due elementi accomunano queste diverse figure: la passione per il teatro come strumento educativo e l’attenzione verso le nuove generazioni.

Hackaton – foto ufficio stampa

La complessità degli aspetti discussi nel corso dell’hackathon richiede la presenza e l’intervento in apertura di alcuni professionisti di vari settori. Maddalena Giovannelli risponde alle domande-stimolo di Stefano Beghi, sottolineando subito uno dei punti centrali della relazione tra teatro e comunità: l’importanza dello stare in un luogo in quanto propulsore dell’attivazione di un dialogo reale tra spazio, creazione teatrale e comunità-pubblico. La ricezione e la formazione di uno spettatore volenteroso e in grado di far risuonare dentro di sé le suggestioni dell’arte dovrebbero essere punti fermi del teatro di oggi.

Un approfondimento sul concetto di comunità, osservata però da una prospettiva psicologica, è proposto da Ennio Ripamonti, psicologo di comunità e docente universitario: per parlare di dimensione collettiva bisogna, prima di tutto, partire da un concetto neutro del termine, liberandoci dell’accezione positiva che generalmente le abbiamo attribuito. È necessario poi interrogarsi su come l’idea di “comunità” si sia evoluta nel tempo e come si possa definirla oggi. Ripamonti, per chiarire questa posizione, confronta il mutualismo e i legami sociali tipici delle realtà periferiche degli anni Settanta e Ottanta con la povertà relazionale che invece caratterizza le comunità odierne; una forte concentrazione di solitudine permette di creare situazioni contraddistinte da forti legami sociali. Parlare di comunità postpandemiche oggi è inevitabile: attivismo e associazionismo hanno goduto negli ultimi anni di un nuovo fermento ma, dopo la pandemia, sono state influenzate da un fenomeno definito “nomadismo associativo”. Le aggregazioni sociali si sono così evolute diventando spesso di breve durata e fortemente polarizzate. Le comunità non hanno più un assetto stabile ma si sono trasformante in “sciami partecipativi”: in Italia sono presenti moltissime aggregazioni collettive spesso poco numerose, caratterizzate però da una partecipazione intensa. Nel panorama attuale le realtà sopravvissute sono quelle che sono riuscite a creare reti di relazioni capaci di tenere insieme più gruppi. L’instaurarsi di questi legami ha favorito lo sviluppo di ciò che lo psicologo rumeno Serge Moscovici ha etichettato come “minoranze intense”, ovvero realtà collettive di ridotte dimensioni fortemente coese in grado di incidere, in modo significativo, sulla comunità di appartenenza, proponendo esse stesse un proprio concetto di comunanza e socialità.

Politico Poetico – foto ufficio stampa

L’intervento di Andrea Paolucci, fondatore e co-direttore artistico della Compagnia Teatro dell’Argine, sviluppa una connessione efficace tra le riflessioni esposte da Ennio Ripamonti e il teatro attuato e vissuto dalle giovani generazioni. Paolucci parla di Politico Poetico, progetto realizzato da Teatro dell’Argine, definendolo come «una piazza per ascoltare gli adolescenti che vogliono farsi sentire, e un palcoscenico per dare voce a chi non ne ha». Politico Poetico, vincitore di numerosi premi (Premio Rete Critica, Premio Speciale Ubu 2021 e Premio Innovatori Responsabili della Regione ER), è costituito da due fasi: nella prima sono stati coinvolti in un percorso laboratoriale più di ottocento studenti di Bologna riuniti per creare un vero e proprio Parlamento in grado di proporre istanze sentite come necessarie da giovani; invece la seconda fase, il “Labirinto” consiste in uno spettacolo virtuale creato a partire da testimonianze reale di adolescenti in difficoltà. Il teatro è un luogo ideale per poter instaurare un dialogo aperto e proficuo, capace di mettere al centro il bisogno dei giovani. Non risulta centrale solamente la realizzazione di un prodotto finale, anzi: la rilevanza maggiore, soprattutto quando si ha a che fare con gli adolescenti, deve essere riservata alla dimensione processuale. Politico Poetico nasce proprio per permettere ai giovani di parlare in prima persona delle questioni che li riguardano direttamente (come, ad esempio, l’organizzazione dei Fridays for Future, le questioni di genere, la richiesta di creazione di alcuni luoghi specifici all’interno dello spazio cittadino). In questo modo, il teatro diventa strumento necessario per comunicare, luogo concreto di libera e spontanea espressione.

La seconda parte dell’hackathon lascia il posto alla formulazione di idee concrete e di confronto attivo tra coloro che sono presenti all’incontro, attraverso la creazione di due tavoli di lavoro. La discussione viene guidata da una domanda che Stefano Beghi rivolge ai partecipanti: «partendo da un episodio concreto, quale può essere il ruolo della bellezza nei processi educativi?». A partire da questa suggestione, emergono dai tavoli di discussione alcune considerazioni esemplificate attraverso l’esperienza diretta di chi, quotidianamente, instaura una relazione con i giovani attraverso il tramite della scuola e del teatro: per un adolescente la bellezza e la cura del luogo sono fondamentali perché lo spazio in cui ci si trova possa essere davvero centro aggregante, di ritrovo per una comunità e per la creazione di un senso di appartenenza.

L’intervento conclusivo di Ripamonti riesce a conciliare le riflessioni emerse nel corso del pomeriggio, sottolineando la necessità dell’instaurarsi di una relazione tra teatro, scuola e creazione di comunità.
Il teatro, in questa accezione, riesce a sopperire alla povertà educativa che caratterizza molti luoghi preposti alla formazione, configurandosi così come uno strumento utile di contatto e di relazione con l’altro. Proprio da questo incontro, e dal processo che lo determina, si generano esperienze educative necessarie per la formazione di ogni individuo.

Alice Strazzi


foto di copertina: ufficio stampa

Questo contenuto è parte dell’osservatorio dedicato al progetto En Plein Air.