Secondo Carol Prieur / Compagnie Marie Chouinard
Potenziale creativo, motore dell’improvvisazione e della creazione scenica: è qualcosa che attingiamo da tutto ciò che ci circonda, che siano le persone attorno a noi oppure dei semplici oggetti. È veicolata da una sorta di scambio, da quella dialettica che si instaura sul palco tra danzatore e danzatore e poi tra danzatore e spettatore, come se fosse una rete invisibile che ci lega e che veicola il significato del vero e proprio gesto scenico. È ciò che sta alla base di qualsiasi espressione artistica, ciò che serve alla trasmissione di un significato, di un contenuto: è la comunicazione vera e propria che l’atto scenico porta con sé, quello che dal danzatore arriva in maniera diretta a chi guarda, e che in qualche modo precede la codificazione razionale, la anticipa. Dalla parte del palcoscenico, per poter arrivare in maniera attiva a veicolare questo messaggio, vero scopo della creazione artistica, è necessario raggiungere la piena consapevolezza di sé, del proprio corpo, ampliandola sempre di più, in modo da essere consci di ciò che si compie in
scena: è per questo che risulta necessario appellarsi a questa rete invisibile, per trarne nutrimento e ispirazione, per essere presenti in quel qui ed ora che richiede l’azione scenica. In questo senso, il termine indica una continua ricerca, un’attenzione posta a tutto quello che ci circonda, sia nella libertà della sperimentazione sia nella riproduzione di una sequenza predeterminata: è in questo ambito che ci viene incontro il respiro (o anche un’emissione sonora), per mantenere sempre costante il bilancio dello scambio che passa da un corpo a un altro, da un oggetto a un altro, in quel continuo rispondersi di azione e reazione che costituisce il vero dialogo della scena danzata.
a cura di Veronica Heltai
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView